È attesa per lunedì 20 maggio la decisione definitiva, di cui è stato investito un tribunale britannico, sull'opportunità o meno di estradare negli Stati Uniti il ​​fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.

Due giudici dell'Alta Corte di Londra dovranno dire se le rassicurazioni fornite nell'ultima udienza dagli Stati Uniti, secondo i quali Assange non rischierà di esser condannato a morte e potrà difendersi facendo affidamento sul diritto alla libertà di parola del Primo Emendamento nel caso sia processato per spionaggio, siano credibili oppure no. 

Nessuno si sbilancia sul verdetto: l'incertezza è massima. Secondo il team legale di Assange tutte le ipotesi non sono escluse, affermando che entro le prossime 24 ore il loro assistito potrebbe trovarsi a bordo di un aereo diretto verso gli Stati Uniti, oppure potrebbe essere rilasciato dal carcere, oppure rimanere ancora in arresto in attesa che vengano chiariti ulteriori cavilli legali.

Assange è accusato dagli Stati Uniti di aver rivelato al mondo documenti classificati che mostravano i numerosi crimini commessi dall'esercito e dai servizi di sicurezza americani durante le invasioni di Afghanistan e Iraq.

Per risolvere il caso, sarebbe sufficiente l'intervento dell'amministrazione Biden che con un'amnistia chiuderebbe una vergogna che va avanti da quindici anni. Difficile però crederlo. Infatti, come potrebbe un criminale come Biden, in quanto complice dei crimini di guerra commessi da Israele in Palestina, far ricorso ad un perdono presidenziale  nei confronti di una persona accusata di aver rivelato al mondo i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti?



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