L'ultima mozione di sfiducia in risposta al ricorso all'articolo 49.3 presentata all'Assemblea nazionale risale al 21 dicembre 2023. La mozione era stata presentata dal gruppo di LFI (La France insoumise di Melenchon) dopo l'utilizzo del 49.3 da parte di Elisabeth Borne per l'approvazione della legge finanziaria per il 2024. In quel caso la mozione fu respinta. Ma non fu una sorpresa.
Infatti, dal 1958 l'articolo 49 comma 3 è stato utilizzato 113 volte, ma nessuna mozione di sfiducia seguita all'utilizzo di tale procedura aveva ricevuto dall'Assemblea Nazionale la quantità di voti necessaria per far cadere il governo.
L'attuale premier francese, Michel Barnier è ricorso all'articolo 49.3, per far passare in Parlamento il disegno di legge sul finanziamento alla previdenza sociale. L'articolo consente al governo di far approvare una legge senza che questa venga votata dal Parlamento. Però, i gruppi presenti all'Assemblea Nazionale hanno in tal caso la possibilità di bloccarla presentando una mozione di sfiducia contro il governo.
C'est fait. Michel Barnier déclenche le 49.3 sur le budget de la Sécurité sociale.
— Clémence Guetté (@Clemence_Guette) December 2, 2024
Nous déposons une motion de censure. Ce gouvernement tombera dans deux jours.
Mais ce n'est qu'une étape : la démission d'Emmanuel Macron est la seule façon de sortir de la crise politique. pic.twitter.com/0VLH3DJZGo
Il provvedimento sulla previdenza sociale è uno tra quelli decisi dall'esecutivo Barnier per soddisfare i tagli alla manovra lacrime e sangue necessaria a ridurre il debito pubblico della Francia che, negli ultimi tempi, sembra essere esploso tutto d'un tratto, come per magia. La legge di bilancio per il 2025 prevede piani per tagli alla spesa e aumenti delle tasse per un controvalore di 60 miliardi di euro.
Per non incassare la sfiducia del gruppo di Rassemblement National, Barnier finora aveva soddisfatto tutte le richieste dei fascisti della Le Pen, tanto da aver annullato un aumento del prezzo dell'elettricità per 3 miliardi di euro e aver poi accettato di ridurre l'assistenza medica gratuita agli immigrati irregolari.
Ma RN, stavolta, deve aver pensato fosse più conveniente per la propria strategia politica far cadere Barnier e, pertanto, appoggerà la sfiducia all'attuale governo.
Nel testo della mozione di censura presentata dai deputati di socialisti, ecologisti e comunisti, Mathilde Panot, Boris Vallaud, Cyrielle Chatelain e André Chassaigne, si dichiara che "è con gravità e responsabilità che la sinistra presenta oggi questa mozione di censura, perché non è mai stata dalla parte dell'instabilità o del caos. Ma l'assenza di dialogo, il disprezzo per le proposte formulate e per il lavoro parlamentare rendono necessaria la sfiducia".
RN ha dichiarato che presenterà un propria mozione, ma anche che avrebbe votato quella della sinistra. Sommando i voti dei gruppi a sostegno, non dovrebbero esserci particolari problemi per sfiduciare il governo Barnier (la maggioranza assoluta necessaria è fissata a 288 voti, poiché su 577 due seggi sono vacanti).
La mozione di sfiducia sarà votata nelle prossime 48 ore. Cosa accadrà se, come pare, dovesse ottenere il consenso della maggioranza del Parlamento?
Di certo, Michel Barnier dovrà presentare le sue dimissioni e quelle del suo governo al presidente Emmanuel Macron, restando in carica per gestire le questioni quotidiane, mentre Macron cercherà di far eleggere un nuovo primo ministro a capo di un "governo tecnico".
E la legge di bilancio?
Se il parlamento non dovesse approvarla entro il 20 dicembre, il governo potrebbe farlo autonomamente ricorrendo anche in questo caso all'articolo 49.3, innescando però un paradosso politico, giuridico e costituzionale perché si muoverebbe in una zona grigia che rischierebbe di creare ulteriore caos al caos. L'altra strada è quella dell'esercizio provvisorio, rimandando l'approvazione della legge di bilancio all'inizio del prossimo anno.
Tuttavia, i limiti di spesa e le disposizioni fiscali che avrebbero riguardato anche il 2024 verrebbero vanificati con possibili ricadute negative per il mantenimento dei salari rispetto all'inflazione, considerando anche la necessità di un aumento delle entrate fiscali.