Pensieri di R.P. (District Brera )
Martedì 25 Luglio 2017

 

A lungo l'arte ha avuto come fine di arricchire lo spirito e di deliziare i sensi. L'arte contemporanea sembra aver cambiato completamente registro. L'età del disgusto ha messo in ombra l'eta' del gusto: mutilazioni e automutilazioni, fascinazione per il sangue, gli umori corporali e gli escrementi, coprofilia, coprofagia, Etc.
Da Alberto Burri a David Nebreda l'arte si è impegnata in una strana cerimonia dove il sordido e l'abiezione scrivono un inatteso capitolo della storia dei sensi. Già Platone, nel Parmenide, affermava che il sudiciume e i peli sono cose per le quali non esiste alcuna Idea. Dal Bello ideale platonico della sensazione siamo di fronte agli escrementi .
I grandi filosofi francesi Bataille e Sartre, nei primi anni trenta annunciavano questa involuzione. E il pessimismo di Freud, che considerava impossibile conciliare le rivendicazioni della pulsione sessuale e le esigenze della civiltà, sembra trovare conferma in ciò che si presenta oggi ai nostri occhi. Si pone tuttavia un problema: quale interesse hanno i responsabili delle più importanti istituzioni culturali, a Kassel, a Londra, a New York, a Parigi, a Venezia."

Sento di fare il mio "Viaggio" partendo da Dante e i suoi dannati ricoperti di sterco. Invero, qual’e’ la molla antropologica per cui escrementi ma anche peli, unghie e tutti gli scarti organici provocano tanto disgusto.

E' l'uomo che crea l'arte attraverso la sua mano sfuggevole, ma viceversa e’ l’arte che aiuta l’uomo a conoscersi e superarsi. Passiamo quindi dall’iconografia classica della donna glabra al punto di svolta duchampiano dei baffi alla gioconda. Manzoni e la sua merda in scatola ebbe forse una felice intuizione, o meglio mise a fuoco uno degli aspetti della questione -assieme a tanti altri- per arrivare al giorno d’oggi.
Da anni i peli , sangue, feci, sperma e urina, chi si autoinfligge tagli e ferite, sculture di sangue e boccette di sperma, chi immerge crocefissi nel piscio e poi sesso in tempo reale e animali squartati, cadaveri esposti e amputazioni.

Oggi più contemporaneo che mai il fascino e le suggestioni indotte dalla figura di de Sade ( D.A.C )che solo questo secolo, dai dadaisti sino alle "sfumature di grigio", continua ad imperversare nell’immaginario di ogni giorno.

Mi sento un intellettuale che non ha niente in comune con la maggior parte dei critici militanti di oggi, attenti soprattutto ad assecondare le mode e il gusto.
Mi abbandono a un'affabulazione ricca di seduzioni e mi faccio attraversare.

Osservando le generazioni dell'arte contemporanea scelgo di interpretare le esperienze del nostro tempo senza mai aderirvi: mi metto a lato, cercando di salvaguardare l'aristocrazia dello sguardo.

Nel nostro tempo , la cultura non è più spazio di una religiosità laica, né strumento per "rendere il mondo abitabile," conducendo verso «una trascendenza al di là delle parole». Siamo stati riportati a terra, tra paesi desertificati». Dunque, addio cultura. «Resta solo il culturale: che è simulacro, imbroglio, scarto, parola di riflessi condizionati, dispersione, vaporizzazione».
Stiamo assistendo al crollo di un edificio millenario. Si pensi alla situazione in cui versano i musei. Grandi magazzini: «Depositi di civilizzazioni defunte», dove si allineano i dipinti secondo criteri cronologici. Lì si stipano individui solitari, che trovano nel «culto dell'arte la loro ultima avventura collettiva». Vanno al Louvre o agli Uffizi come una volta ci si recava nei templi. Si spostano in gruppo: «Più la gente è sola, più va al museo».

Di fronte alle miserie del presente, gli artisti scelgono di rifugiarsi nel passato, in un «miscuglio di timida e paurosa reverenza». Preferiscono un quadro a un libro, perché l'immagine possiede un'imperiosa immediatezza, che si concede «senza fatica, in una profusione di significati possibili». Andare in un museo, per loro, è solo un modo per distrarsi. Si insegue il pubblico di massa, dimenticando che, come ripeteva G.H.Rivière, «il successo di un museo non si misura dal numero dei visitatori che riceve, ma dal numero dei visitatori cui insegna qualcosa».

Gli eredi di Duchamp: Cattelan, Hirst, Koons, Protagonista uno stile non supportato da conoscenze tecniche, i post-dadaisti non frequentano più botteghe. Privi di mestiere, studiano solo le strategie del marketing.

Dal dopoguerra, è iniziato un drammatico declino, segnato da scandali, da rivoluzioni permanenti, siamo in un «nuovo» senza origine. In un teatro di attori o meglio nella prosa teatrale di recitanti: una scenografia da palcoscenico funebre . L'artista del nostro tempo non è più un profeta, non e' più un adepto del sacro e del mistero.
In un'epoca che tende a trasformare tutto in intrattenimento, bisogna evitare ogni confusione tra prezzo e valore dell'opera.

Ritornare alla figurazione; riscoprire sobrietà, equilibrio, sapienza. «L'arte deve darsi di nuovo, come tessuto di continuità, immobilità e silenzio; costruzione che si vede, si dà nel tempo e nel tempo si ritrova». Universo di bellezza e di purezza. Emozione, colpo al cuore.
Esperienza mistica, fondata su segrete ragioni spirituali. Artificio per dare voce - è quanto hanno fatto personalità solitarie come Lucian Freud.
«Senza questo dramma l'opera non vale niente, non dice niente, è irresponsabile».