L’educazione sentimentale di Gustave Flaubert (1821-1880) è un romanzo che da anni mi perseguita sul profondo significato del suo titolo, comprensivo, s’intende, dell’avvincente intreccio fra psicologia dei personaggi e Rivoluzione francese che fa da sfondo all’amore.
Quando decisi di illustrarlo graficamente, ricordo che non diedi spazio ad alcuna riflessione sul come eseguirlo, un moto sussultorio s’impadronì di me come quando la terra si prepara al terremoto e, di getto, presi un foglio di carta di grandi dimensioni su cui disegnai un antico cassettone Luigi XVI che, nel passato, mio padre aveva acquistato da un antiquario genovese.
I profondi cassetti, che idealmente rappresentavano i piani della società francese, popolo, borghesia e nobiltà, li usai per creare una scena di movimento dove i personaggi potessero rappresentare i moti dell’animo umano, seppur in forma di piccoli pupazzi, con un accento posto sui dialoghi di coppia uomo-donna. La chiara contrapposizione fra l’elemento statico del comò e la movimentata vivacità del bianco e nero non è stata risolutiva nella composizione grafica: alla fine mi sono accorta che l’elemento fondamentale (e nient’affatto di contorno), era il muro alle loro spalle, la tappezzeria giallo oro dai motivi decorativi dettati dal broccato ottocentesco. E che fatica riprodurlo manualmente con la china!
Ritornando a guardare dentro i cassettoni, nel L’educazione sentimentale di Flaubert, come in tutta la grande letteratura, l’autore si serve dei personaggi e del momento storico contingente, per oltrepassare i piani soggettivi e dirigersi dritto verso il piano universale oggettivo in cui riconoscersi. Infatti il tempo della lettura è molto fertile se si persegue la coscienza.
La coppia Federico Moreau e Madame Arnoux può tranquillamente fare un salto di un secolo e diventare Anna e Marco di Lucio Dalla: i due si guardano e si scambiano la pelle, vorrebbero andare lontano, verso le stelle, ma i fuochi della rivoluzione si spensero anche alla Place de la Bastille, solo ombre e brandelli di sogno, come in quel bar di provincia dove il cielo è un biliardo, qualcuno rimase fermo al suo posto, qualcun’altro si nascose vigliaccamente, un sali - scendi generale coinvolse il popolo che, dal basso, gridava alla pagnotta, mentre l’ascesa della borghesia decretava il sovvertimento della corona reale.
Umberto Galimberti, filosofo contemporaneo, con una chiara classificazione di piani, in riferimento alla “paideìa” (dal greco educazione), afferma che i sentimenti appartengono alla cultura e che sono ben distinti dalle emozioni, per poi scendere ulteriormente ad un livello inferiore comunemente detto delle pulsioni. Occhio a non cadere nell’equivoco, istruzione e cultura non sono gli unici strumenti che equilibrano le questioni di cuore, i sentimenti non si nutrono solo di libri e di conoscenza, altrimenti la casta intellettuale avrebbe l’esclusiva delle relazioni sentimentali perfette, enorme panzana…
Si deve però riconoscere che nell’infanzia e nell’adolescenza chi ha ricevuto una giusta e sana educazione alle relazioni sentimentali, come un buon rapporto fra genitori e figli con autorevolezza di ruoli, un buon modello genitoriale di riferimento con consapevole gestione delle emozioni nelle manifestazioni di ira, gioia, aggressività, dolcezza, nella maggior parte dei casi produce risultati positivi all’interno delle unioni. Così come incide anche l’educazione sessuale, argomento delicato che pretende la comprensione e la sensibilità da parte di genitori attenti, ogni bimbo è un caso a sé e non si unifica ad una “ricetta generale” legata alle mode ed ai costumi dell’epoca. Bisogna capire di quale anima si tratta.
Fra lo scoppio fragoroso delle palle di cannone ed il passo assordante dell' esercito napoleonico verso la conquista dell’impero, Federico Moreau si muove al suono del fruscio delle sete che vestono immagini femminili alla Renoir o, pensieroso, siede negli interni di palazzo come solo gli impressionisti hanno saputo tratteggiare, tutto è movimento, transita veloce, si nutre di colore ed energie. Ma la conclusione finale de L’educazione sentimentale, romanzo pilota fra i grandi classici, ci lascia perplessi e, se mi è permesso, con un mezzo sorriso.
E’ infatti sull’ amore vissuto solo sul piano del desiderio, ma anche come forma di ideale di vita non realizzato, che il ricordo di una serata remota in una casa di tolleranza e la famosa frase del protagonista “non abbiamo avuto niente di meglio, dopo” disincanta le aspettative dei lettori, i quali scivolano nel nichilismo, inesorabilmente, al cospetto di quel muro rivestito di pregiato broccato, difficilissimo da realizzare con i suoi innumerevoli ghirigori e soprattutto assolutamente insondabile nel rivelare il mistero.