È estremamente difficile riuscire ad esprimere con le parole il sentimento di profonda gratitudine nei riguardi del personale medico ed infermieristico del reparto U.T.I.C. dell’ospedale Loreto Mare di Napoli.

Le condizioni del cuore di mio padre erano serie e compromesse, una lunga malattia che lo aveva ormai stancato e che gli stava togliendo man mano la voglia di lottare e andare avanti.

A me e ai miei cari non rimaneva altro che pregare. L’ennesimo ricovero per una crisi cardiaca, un altro ospedale, un altro percorso di sofferenza che, questa volta ci ha portati in questo ospedale partenopeo. Da quel momento inizia quello che può essere definito un miracolo. Gli sforzi dei medici sono stati a dir poco encomiabili.
Tale miracolo è , sicuramente anche frutto della professionalità dell’intera equipe medica e sanitaria che ha assistito mio padre, persone che uniscono alle spiccate doti professionali quelle umane.

Una lunga sofferenza, dicevo, che non lascia certo un bel ricordo se non quello di avere conosciuto delle persone stupende (medici, infermieri e personale tutto).
Spendere qualche parola per questo reparto, è il minimo che si possa fare, perché molto spesso si parla di mala sanità dimenticando, i molti casi, in cui la grande professionalità, l’alto senso del dovere e l’amore per la propria professione, consentono il conseguimento di risultati che sembrano impossibili. Con mio padre è successo esattamente ciò.

È, quindi, doveroso che io mi accinga a scrivere queste poche righe sperando di riuscire a esternare tutta la mia gratitudine. Il mio vuole essere un messaggio di speranza, di lode a tutti quei medici ed infermieri, che pur operando in realtà difficili onorano con il loro impegno e dedizione la professione che esercitano.

Il mio grazie di cuore va, in particolare al Dott. Raimondo Calvanese professionista di elevata competenza e di immenso senso del dovere che, fin da subito, ha preso a cuore le sorti di mio padre contribuendo in prima persona al “miracolo”. Perché nel suo “percorso di malato” ha avuto la fortuna di incontrare un medico che si è preso cura di lui, una cura attenta, delicata, empatica, talmente empatica da rendere meno doloroso il disagio della sofferenza, del malessere, dell’incapacità di affrontare con forza la quotidianità, una quotidianità contrassegnata dal confronto con i propri limiti, limiti che un paziente non sempre è disposto ad accettare.

Ma un bravo medico, un medico come il Dott. Calvanese, riesce a rendere più semplice anche ciò che è difficile, ossia la convivenza con una malattia. Non posso quindi, non ringraziare quel medico, quello che rappresenta il perfetto connubio di professionalità e umanità, un’umanità solare perché intrisa, carica di energia positiva, l’energia di chi ama il proprio lavoro e lo fa con sguardo attento verso l’altro, quell’altro che non è un semplice malato o una banale diagnosi ma è una persona, un individuo, un individuo fatto di carne ed ossa ma anche di raziocinio e di cuore, un cuore attento alle sfumature, alle sfumature di chi, per lavoro ma anche per predisposizione interiore, si prende cura di lui. Ma la mia riconoscenza va anche a tutto il personale del reparto sopracitato.

Seppure con grossa apprensione, dopo i colloqui con il personale Medico, all’uscita dall’ora di visita dei propri cari, ho avuto sempre la sensazione che tutti, ognuno per le proprie competenze avrebbe fatto, in un momento così drammatico, tutto ciò che è era necessario ed indispensabile per tentare di salvare la vita ai pazienti ricoverati.
Sia pure limitatamente al poco tempo concesso per le visite, ho avuto modo in questi interminabili giorni di respirare l’aria di un reparto che evoca sensazioni forti perché lì ogni giorno si lotta tra la vita e la morte e giustamente ognuno di noi cerca di dimenticare in fretta il periodo trascorso lì.

Un reparto, dove ti si gela il sangue ad entrare perché lì, dove non si vede mai la luce del giorno diretta, le ore vengono scandite dal continuo suono dei macchinari che monitorano e tengono in vita i pazienti e dall’incessante lavoro del personale.

Le operazioni che precedono la possibilità per un paziente di ritornare alla vita normale sono vissute con grande scrupolosità ed attenzione; ed i gesti usuali come chiedere ad un paziente di stringere la mano o di tossire in maniera possente assumono un significato ben preciso. Solo allora, se riesci per un attimo a distogliere i pensieri dal dramma che stai vivendo, ti accorgi che dietro a quei camici si cela una grande professionalità dalla maggior parte di noi sottovalutata o ignorata ma soprattutto un grande cuore.

Ognuno segue i malati a loro affidati, di giorno e di notte, svolgendo qualsiasi operazione vitale, senza mai far trapelare stanchezza e momenti di nervosismo con un unico obiettivo: quello di aiutare i pazienti così gravi a riprendere le proprie funzioni vitali.

Questa lettera potrebbe sembrare solo un atto dovuto, invece l’intento è quello di elogiare tanta professionalità e tanta umanità, in un tipo di reparto il cui lavoro comporta tanto stress, sacrificio e sopratutto amore per il prossimo.

L’esperienza vissuta con mio padre, mi ha portato a scrivere questa lettera, perché non ho potuto ringraziare personalmente e singolarmente tutto il personale infermieristico. Non ho potuto ringraziare personalmente il Capo Sala, sempre presente e disponibile.

Ho potuto però stringere direttamente la mano al Dott.Raimondo Calvanese,e ringraziarlo di cuore, anche a nome dei mie familiari e a tutto il personale medico che non cito singolarmente per non correre il rischio di dimenticarne qualcuno. Nel reparto di U.T.I.C., sono tutti sensibili nel momento del colloquio con i familiari dei pazienti, nel soppesare le parole dette perché queste possono rappresentare un momento felice o molto doloroso e bisogna evitare di creare facili aspettative o allarmismi inutili.

Non voglio poi tralasciare di ringraziare tutti gli infermieri di cui ignoro il nome ed il personale di supporto nel reparto, che a turno hanno assistito mio padre, cercando, in quelle lunghe giornate di essere sempre attenti e premurosi, provvedendo alle sue necessità primarie con molta umanità, e nel contempo cercando di dare a me il massimo sollievo in quelle interminabili ore di silenzio trascorse in trepida attesa di notizie.

Al Dott. Raimondo Calvanese, ai medici, al personale infermieristico, al personale ausiliario del reparto U.T.I.C. dell’ospedale Loreto Mare di Napoli, giungano da parte mia, dei miei familiari e, soprattutto da mio padre, i più sentiti ringraziamenti.

Luigi Falché
Segretario provinciale federazione di Caserta
Movimento Idea Sociale