L’intelletto è limitato in una società dispatica, costretta a consumare emozioni surrogate
L’importanza degli stimoli emozionali nel processo evolutivo della specie, e dunque nello sviluppo dell’intelletto umano, è un caposaldo delle teorie evolutive. Ad esempio Darwin era fermamente convinto della necessità di dover provare ed elaborare emozioni, in quanto esse permettono di fornire informazioni preziose nei processi di ragionamento, giudizio e decisione. E’ l’imprescindibile intelligenza emotiva (terminologia nuova, ma concetto di origini antichissime).
In questa dimensione sono inclusi molti animali evoluti e in grado di provare emozioni, come i primati, il cane, e molte altre specie. Anche per essi vale il principio che innesca questi meccanismi di elaborazione decisionale utili – in tal caso – alla loro sopravvivenza e all’identificazione dei comportamenti più vantaggiosi da intraprendere nell’ambiente in cui vivono. A differenza dell’uomo gli animali non possono evitare né controllare le emozioni; queste arrivano, originando dall’ambiente in cui l’animale è immerso, nella natura delle cose e degli altri esseri viventi, e l’animale che li riceve è costretto a gestirle, volente o nolente.
In un certo senso, secondo le teorie evoluzionistiche e incrociando anche la strada delle neuroscienze (vedi i “neuroni specchio”, identificati la prima volta dallo scienziato Giacomo Rizzolati), gli animali più intelligenti hanno attualmente un vantaggio in più rispetto all’uomo: la loro incapacità di allontanarsi e modulare le emozioni impone loro un maggiore sfruttamento di meccanismi cerebrali, e per tale causa potrebbero evolvere più velocemente di quelli umani. In altre parole, è più facile che durante lo stesso arco temporale (eg: pochi secoli) un cane possa raddoppiare la sua già notevole capacità di comunicazione, piuttosto che un umano conquisti qualche altro punto di QI mediano.
La dispatia – contrario dell’empatia – alla quale si obbliga l’uomo quando si distacca in maniera indiscriminata dalle emozioni, diminuisce notevolmente la sua capacità di evolvere intellettualmente. Distaccarsi significa rifiutare di provare un certo tipo di emozione, e non invece governare tale emozione come sarebbe giusto fare. Quindi riceverla, controllarla e farne tesoro, attivando i processi dell’intelligenza emotiva.
Nel breve termine, quale può essere la vita vissuta, applicare la dispatia in maniera indiscriminata provocherà un impoverimento di stimoli che alla lunga impediscono di esaminare, criticare e risolvere, le condizioni che per esempio generano e fanno vivere emozioni negative. E paradossalmente si sarà più esposti e vulnerabili ad esse.
La dispatia, insomma, avvia un percorso da “oca giuliva”: felici ma stupidi!
Essendo tuttavia indispensabili all’evoluzione, non si potrà fuggire totalmente dalle emozioni. Servono come il cibo; dunque gli essere umani vengono indotti da tale necessità a nutrirsi di emozioni surrogate: anziché mantenere i propri recettori attivi nella quotidianità, mostrandosi empatici nel ricevere ed elaborare emozioni vere nel proprio ambiente e dai propri simili (più o meno come fanno gli animali), andranno a ricercare le emozioni in un contesto di disimpegno ludico o di diletto. Solo in questo momento attiveranno i loro recettori, li amplificheranno anzi. Ma non sarà vera empatia naturalmente.
Così, si andranno a consumare dosi più o meno intense di emozioni surrogate attraverso il gossip, la cronaca nera, gli sport, i programmi televisivi, il cinema, l’arte, la lettura. Pur di non ricevere ed elaborare le emozioni vere e più prossime, dei propri simili, gruppo sociale e talvolta anche familiari, le quali spesso implicano anche azioni attive come consigli, risolvere problemi, valutare il benessere, etc., si preferisce quindi viverle nella consapevolezza di una finzione (film, programmi, letture), o potendosi facilmente estraniare dalla fonte (persone sconosciute o cattive), o infine essendo la fonte stessa dell’emozione (uno sport, anche estremo).
Attingere a queste ulteriori fonti emozionali non è certo sbagliato, anzi! Valga uno degli esempi che mi potrebbero essere più cari, come la lettura immersiva. Ma qui parliamo di vero e proprio consumo a surrogare l’incapacità (paura?) di essere empatici nella quotidianità. Parliamo dell’obbligarsi alla dispatia, per fuggire da ogni emozione vera che può turbare il nostro già vacillante equilibrio, poiché la società è fonte inesauribile di problemi per infiniti individui. E non si possono ricevere tutti questi stimoli negativi. Sarebbero verosimilmente fatali?
No, non sarebbero fatali. Il problema è solo l’incapacità di “soffrire”, anche solo per un attimo, e poi trovare il giusto equilibrio razionale per controllare quelle emozioni e procedere serenamente alla loro elaborazione.
Sarebbe tutto molto naturale, in quanto impresso nel nostro schema evolutivo. Inutile rifiutarle e andarsele a cercare come “dosi di droga” tagliate dalla finzione o da situazioni in cui siamo sicuri di poter mantenere un’efficace distanza di sicurezza. Se poi ci illudessimo che questo sia sufficiente a non farci divenire delle oche giulive, allora stiamo anche sbagliando di grosso. Le emozioni surrogate non sono la stessa cosa di quelle da cui rifuggiamo. Non andranno mai ad azionare quei meccanismi di stimolazione e riflessività che solo le emozioni vere permettono di far scattare.
Possiamo star certi che l’intelletto ne risentirà in maniera molto significativa, dalla semplice difficoltà a ragionare bene, alla tendenza d’ingrassare le fila degli ignoranti funzionali, senza contare il fatto che la dispatia indiscriminata aumenta enormemente il rischio di trasformarsi in ottimi egoisti o, peggio, narcisisti patologici.
Paradossalmente, uno degli usi corretti della dispatia è proprio quello di allontanare i pericolosissimi narcisisti patologici dalla vita degli empatici più sensibili (prede preferite dai primi). Quindi non caschiamoci usandola in maniera indiscriminata e rischiando di trasformarci in individui di tal genere!
Ma avrete inteso che siamo già messi piuttosto male. Purtroppo siamo già immersi in una società dispatica, e molti si trasformano in cinici, egoisti e temuti narcisisti. Già machiavellici spregiudicati, ma sempre più stupidi, a causa della progressiva implosione della loro sfera emozionale.
Attiviamo l’empatia!
Partecipiamo alla sofferenza del mondo e scoviamo assieme soluzioni, per diventare anche più intelligenti.
Base foto: Deflyne Coppens da Pixabay