Nell’ultimo concorso per diventare magistrato su 1500 ammessi allo scritto, lo superano soltanto in 88. I commissari hanno dovuto respingerli - per nostra fortuna -  poiché hanno riscontrato carenza di linguaggio tecnico giuridico e errori grammaticali e sintattici molto gravi. L’accaduto impone una riflessione. L’oggetto della riflessione? Come diventare magistrati. In una simile situazione occorrono nuove regole per l’accesso a questa importante e delicata professione.

Nonostante attualmente occorrano due anni, in cui bisogna mettere insieme diciotto mesi di tirocinio in tribunale o in alternativa affrontare la scuola di specializzazione in professioni legali, i risultati finali purtroppo sono deludenti. Personalmente rivedrei anche il sistema universitario che non è esente da colpe. C’è chi propone una abilitazione come per gli avvocati. Chi vorrebbe addirittura un dottorato di ricerca. C’è anche una terza soluzione: eliminare il concorso. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri.

In magistratura si potrebbe entrare diventando prima avvocati con almeno un numero di anni di esperienza prestabilito dalla legge. Per diventare giudice ad esempio potrebbero esser necessari almeno dieci anni di esercizio della professione forense. Per quanto riguarda i pubblici ministeri, invece, quando si crea la necessità di assumerne uno, è pubblicato un bando e gli interessati possono partecipare mandando il curriculum esattamente come si farebbe per un posto da professore universitario.

In una simile situazione, sia chiaro in generale, mi pareva interessante far notare che vi sono molte soluzione al problema compresa quella di una magistratura elettiva.

Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.