La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana vieta la riorganizzazione del Partito Nazionale Fascista. Pur essendo inserita tra le disposizioni transitorie e finali, ha carattere permanente e valore giuridico pari a quello delle altre norme della Costituzione.

La legge 20 giugno 1952, n. 645 (cosiddetta legge Scelba) in materia di apologia del fascismo, sanziona "chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità" di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e "chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche".

Circa 20 anni dopo, la legge Mancino del 1993 ha completato il quadro delle norme che puniscono le condotte riconducibili al fascismo, allargandole anche al razzismo.

In base alla normativa vigente è previsto pertanto lo scioglimento di partiti e movimenti che si rifacciano al fascismo.

Sono due le ipotesi previste.

In un caso è necessaria una sentenza della magistratura che abbia accertato la riorganizzazione del disciolto partito fascista, ed allora può intervenire il Ministro dell'interno, sentito il Consiglio dei Ministri, a ordinare lo scioglimento e la confisca dei beni.

L'altro caso vede il governo provvedere direttamente allo scioglimento con un decreto legge, ma solo in casi straordinari di necessità e di urgenza.

Come precedenti storici la fine di movimenti fascisti è stata decretata a seguito di sentenze della magistratura.

È accaduto nel 1973 per Ordine Nuovo sciolto dall'allora ministro dell'interno Paolo Emilio Taviani, mentre nel 1976 ci fu lo scioglimento di Avanguardia nazionale, fondata da Stefano Delle Chiaie.