"Esprimo la mia solidarietà al Ministro Eugenia Roccella per le violente aggressioni verbali subite e per essere stata privata del diritto più importante per una persona: la libertà di espressione. Queste immagini di vigliacca prepotenza ci ricordano una volta di più che siamo dalla parte giusta della Storia. Il pluralismo delle idee e la possibilità di esprimerle sono valori irrinunciabili in ogni caso. Le sinistre hanno perso l'ennesima occasione per difende questi valori ma sono certo che se fosse stato impedito di parlare alla Schlein o a un qualunque esponente delle sinistre sarebbero arrivate ben altre reazioni e al Parlamento europeo saremmo stati alluvionati da risoluzioni di condanna del governo italiano. E non ci sarebbe stato un governo europeo (di sinistra!) che non avrebbe fatto dichiarazioni per denunciare la minaccia “fascista”, conclude Procaccini".   

È quanto ha dichiarato l'europarlamentare di Fratelli d'Italia, il camerata Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo dei Conservatori al Parlamento europeo, sulla contestazione di ieri alla ministra Roccella al Salone del Libro di Torino. 

"Si può essere o meno d'accordo con le posizioni di Eugenia Roccella sull'utero in affitto, i diritti Lgbt o quant'altro. Non è questo il punto se si vuole esprimere un giudizio sull'orrenda gazzarra che ieri ha impedito al ministro della Famiglia e delle Pari opportunità di parlare al Salone del libro di Torino, quello che dovrebbe essere il tempio della cultura, del dialogo e del confronto. L'episodio appare, infatti, come un tuffo indietro nel tempo, negli anni '70. Solo che si tratta di una nostalgica parodia di ciò che fu, non di una sua riedizione: sparite almeno sulla carta le ideologie del secolo scorso (nel '68 in qualche modo la cultura c'era), ieri sono stati reiterati solo i comportamenti. È andato in scena uno strano gioco di specchi in cui uno strambo coacervo di pseudo-ambientalisti, pseudo-femministe, pseudo-comunisti che ha tolto la parola alla Roccella alla fine si è rivelato per quel che era: un gruppo di fascisti camuffati. Squadristi non nel pensiero ma, appunto, nei comportamenti. Il che è peggio. Assertori di poche idee, estremamente confuse, che per imporsi debbono ridurre gli interlocutori al silenzio. Con i rituali del passato magari imparati a memoria in qualche pellicola polverosa da cinema d'essai: proclami, accuse, slogan e cori da stadio e la portavoce che sul palco legge un comunicato dal significato ermetico, con una prosa da assemblea liceale. E meno male che era il Salone del libro! Gli estensori di quel ciclostile, pardon di quella paginetta scritta sul pc, di libri ne debbono aver letti ben pochi. Tant'è che danno vita ad una pagina della commedia dell'assurdo: denunciano un clima da regime, parlano di svolta a destra autoritaria, insomma paventano l'avvento di un nuovo fascismo come hanno fatto in questi mesi i loro fratelli maggiori, ma agiscono esattamente secondo logiche che nell'immaginario collettivo richiamano allo squadrismo. Un testacoda intellettuale, sempreché questa volta l'intelletto c'entri in qualche modo. Eh sì, perché che cosa c'è più di intellettuale, di intrigante sul piano culturale, di un confronto tra diversi? Nulla. A meno che a qualcuno non piaccia la cappa da pensiero unico, quella che impongono le dittature, i regimi. Dittature che non debbono essere per forza politiche, ma possono anche essere solo culturali. In fondo è la pretesa che hanno sempre avuto certi salotti di sinistra, circoli ristretti che si atteggiano a liberal ma in fondo non accettano un altro punto di vista qualunque esso sia: si nutrono della religione del rispetto del «diverso» ma il «diverso» da rispettare è solo quello che scelgono loro; quello che, invece, non la pensa come loro è «out», diventa di botto un fascista. E non c'è nulla di più tragico, di più pericoloso di chi si sente depositario di una verità, di chi non coltiva insieme alle proprie convinzioni pure la categoria del dubbio. È tutto qui il seme velenoso dei totalitarismi. È la grande contraddizione di chi si atteggia a liberal e poi aspira a cancellare il passato. Di chi non accetta neppure l'idea che qualcuno possa pensarla al contrario. Di chi non rispetta la libertà di pensiero e paventa il ritorno del fascismo comportandosi da fascista. E fa una certa impressione scoprire al Salone del libro di Torino che per una certa sinistra anche quella vecchia frase attribuita a Voltaire dalla scrittrice Evelyn Beatrice Hall, stracitata addirittura da un antifascista come Sandro Pertini, sia finita in soffitta: «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo».

Questo è stato il commento del direttore de il Giornale Augusto Minzoli.


A questo punto come non aggiungere anche la sentenza su quanto accaduto a Torino emessa da quel tale di Rignano, Matteo Renzi, che si è fatto eleggere in Senato per poter fare mille mestieri, ancor più remunerativi di quanto già non sia un seggio a Palazzo Madama:

"Il Salone del Libro di Torino è una bellissima palestra di libertà e democrazia. Impedire alla ministra Roccella di parlare significa negare i valori della cultura, del dialogo e del rispetto. Pasolini, che era un gigante, non parlava a caso di fascismo degli antifascisti".


A proposito... che cosa ha detto sulla vicenda Elly Schlein a In Onda, su La7? Questo:

"In una democrazia si deve mettere in conto che ci sia il dissenso. Sta nelle cose, non riguarda mica solo chi sta al potere. Noi siamo per il confronto duro, acceso, ma è surreale il problema che ha questo governo con ogni forma di dissenso. È surreale che ministri e deputati si siano messi ad attaccare Nicola Lagioia. Non so come si chiama la forma di un governo che attacca le opposizioni e gli intellettuali ma quantomeno mi sembra autoritaria". 


Il problema è che gli attuali politici, (post) fascisti e renziani, oltre a dire quel che vogliono sui loro profili social, fanno altrettanto anche in tv... ma solo nelle trasmissioni in cui vengono loro offerte delle domande che in gergo calcistico si chiamano assist.

Quando, incautamente, vanno sulla pubblica piazza e si trovano di fronte alla gente che fa loro presente quanto sia indecente la loro arroganza nel voler imporre il loro pensiero, imbottito di interessi e follie ideologiche, allora parlano di violenze  e "fascismo".... loro!

E a proposito, per i Mizolini di turno, ciò che Pertini ripeteva era "Libero fischio in libero Stato", perché nella Costituzione del nostro paese non c'è traccia di un articolo che vieti il dissenso, mentre c'è un articolo che sancisce la libertà di espressione, a prescindere dall'opinione che si vuole affermare. Impedire le contestazioni, invece, è un tratto caratterizzante del fascismo.

E per i casi persi di cui è perfetta espressione l'affarista di Rignano, Pasolini se la prendeva con i figli di papà di Valle Giulia, con i modaioli della protesta. Ed è meglio per Renzi che Pasolini sia morto, in caso contrario lo avrebbe seppellito di contumelie... sicuramente espresse in modo elegante, persino poetico... ma sempre contumelie. Non lo citi in future occasioni. Non è il caso.