Il PD fa rinviare in Commissione la legge sulla riduzione di stipendio dei parlamentari per evitare di votarla
Dai banchi del PD si è alzata una deputata che ha chiesto l'inversione dell'ordine dei lavori, chiedendo di affrontare subito il seguito della discussione della proposta di legge Lombardi (C. 2354) relativa alla riduzione del trattamento economico e previdenziale per i membri del Parlamento.
Dopo che il vice presidente Di Maio ha dato parere favorevole dopo aver sentito il parere dell'aula, ha preso la parola l'onorevole Lorenzo Dellai, appartenente al gruppo Democrazia solidale - Centro democratico.
Il deputato trentino ha chiesto che la proposta di legge della Lombardi ritornasse in Commissione, evitando così che la Camera si pronunciasse con un voto a favore oppure contro la legge. Due, per Dellai, sono stati i motivi per cui ha fatto tale richiesta.
Il primo è di natura istituzionale. Secondo lui bisogna prima attendere l'esito del referendum ed avere la consapevolezza di come le camere saranno costituite per poter decidere sugli emolumenti dei parlamentari (anche se non si capisce in base a quale logica).
Il secondo motivo, invece, è di natura politica e riguarda il fatto che lui ed il suo gruppo non vogliono farsi trascinare nella battaglia tra Renzi e i 5 Stelle, caratterizzata dal populismo e che rappresenta una sfida al ribasso per la vita politica italiana.
Esiste però anche un terzo motivo, nonostante Dellai non lo abbia rammentato. Tale motivo riguarda il PD che lo ha invitato a fare tale richiesta che lui ha subito accolto. Il Partito Democratico, per togliersi dall'inbarazzo di votare no e di richiedere direttamente il rinvio in commissione della legge si è rivolto ad un alleato di Governo perché facesse quello che, in altre circostanze, verrebbe definito come lavoro sporco.
Alla richiesta di voto è seguita una breve discussione con interventi contrari e a favore del rinvio. Tra quelli contrari, da citare l'intervento del deputato Scotto che ricordava che oggi la Camera avrebbe dovuto discutere di un provvedimento per la tutela di minori stranieri non accompagnati, facendo notare che non sarebbe stato possibile a causa della mancanza di adeguate coperture economiche. Quindi, da una parte il PD è costretto a rimandare la discussione di una legge presentata da una sua deputata perché mancano i soldi, dall'altra si rifiuta di votare una legge che i soldi invece riuscirebbe a farli recuperare!
Tra le posizioni pro rinvio, va citata quella del PD espressa dal capogruppo Rosato. Per lui la legge non va bene così come è stata scritta perché i soldi che i deputati del PD guadagnano vengono in parte devoluti al partito. Perché il periodo non è adatto alla sua discussione essendoci il referendum costituzionale. Perché ci vuole altro per rendere efficiente la politica e perché questa legge interessava ai 5 Stelle solo per venire in aula per dire che un parlamentare avrebbe dovuto prendere la metà di quanto prendeva la Muraro. Queste, in sostanza, le motivazioni addotte da Rosato per giustificare che la legge non venisse discussa e, soprattutto, non venisse votata.
Chiunque pretenda di capire come tali motivazioni potessero impedire al PD di esprimere la propria contrarietà alla legge Lombardi votando semplicemente no, è invitato a contattare l'onorevole Rosato e a farselo spiegare.
Il punto è proprio quello. Il PD non ha voluto esprimersi perché avrebbe sconfessato se stesso.
Infatti, come sostenitori del Sì, i suoi rappresentanti vanno in giro per l'Italia a chiedere il sostegno ad un referendum in cui si chiede ai cittadini, tra l'altro, di abbassare i costi della politica e adesso che avevano la possibilità di votare una legge che abbassa i costi della politica votano contro?
Sarebbe stato difficile spiegare un no e ancor più difficile rinunciare ad uno stipendio di 10 mila euro. Quindi, rinviando la legge in Commissione in modo che se ne perdano le tracce, il PD pensa di aver risolto la faccenda.
L'aula si è espressa con voto palese con 109 voti di differenza a favore del rinvio.
Il Movimento 5 Stelle aveva organizzato una manifestazione in piazza davanti a palazzo Montecitorio. Non appena il voto è stato espresso, dalle persone presenti, non poche in verità, sono partiti cori con insulti che avevano come destinatari il Governo e la sua maggioranza.
A turno, i deputati 5 Stelle si sono presentati in piazza parlando ai loro sostenitori. Il primo è stato Alessandro Di Battista: «Questa è gentaglia proprio... Non hanno neppure il coraggio di votare no e mostrarsi all'Italia per quello che sono. Sono personaggi pericolosi perché non sono liberi...»
Gli altri che si sono succeduti non hanno fatto altro che ribadire, a loro modo, lo stesso concetto. Logicamente, è impossibile dargli torto.