Questo il messaggio di sua eccellenza il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, inviato al Presidente dell'Associazione Fratelli Mattei, Giampaolo Mattei, in occasione della cerimonia di commemorazione del 50° anniversario della strage di Primavalle.
Quello che doveva essere un'atto intimidatorio si tramutò in tragedia. Alcuni aderenti di Potere Operaio il 16 aprile 1973 volevano dar fuoco alla porta di casa di Mario Mattei, allora segretario del Movimento Sociale Italiano della sezione Giarabub di Primavalle, ma l'incendio si diffuse a tutto l'appartamento e causò la morte di Virgilio e Stefano Mattei rispettivamente di 22 e 8 anni, due dei figli di Mattei.
Gentile Presidente, caro Giampaolo,il 16 aprile di cinquant’anni fa l’Italia e Roma hanno vissuto una delle pagine più buie della storia nazionale. Con il rogo di Primavalle e il barbaro assassinio di Stefano e Virgilio Mattei, il nostro popolo è stato costretto a prendere coscienza di una realtà che si andava affermando ma che in tanti continuavano a voler ignorare: l’odio cieco e totale nei confronti dell’avversario politico. Un odio allo stato puro che stava divorando la mente e il cuore di molti e che stava avvelenando la Nazione.L’atroce uccisione di due giovani innocenti di 10 e 22 anni, colpevoli di essere figli del segretario della locale sezione del Movimento Sociale Italiano, fece toccare alla violenza politica un punto di non ritorno. La terribile strage di Primavalle non è rimasta, purtroppo, isolata. Ad essa è seguita una lunga catena di morte e dolore che ha insanguinato le nostre città, ha distrutto intere famiglie e ha segnato per sempre la vita di tanti nostri connazionali, lacerando il nostro tessuto sociale e contribuendo a spalancare le porte all’abisso del terrorismo.“Erano gli anni dell’odio”, come ha correttamente sottolineato il senatore Verini giovedì scorso nell’Aula del Senato della Repubblica. Sì, erano gli anni nei quali l’avversario politico era un nemico da abbattere, erano gli anni dei cattivi maestri sempre pronti a giustificare anche il più orrendo dei crimini o a costruire false verità per coprire i responsabili, erano gli anni delle fazioni contrapposte e della delegittimazione reciproca.Il popolo italiano ha saputo superare quegli anni così duri. Non lo ha fatto senza difficoltà. Le cicatrici delle profonde ferite subite ne sono il segno concreto e, spesso, tornano a far male. Non possiamo cancellare la storia o chiedere alle famiglie delle vittime di dimenticare ciò che è successo. Non possiamo restituire la vita ai troppi giovani che l'hanno sacrificata ad un'ingiusta violenza. Quello che possiamo fare oggi è tenere viva la memoria di quanto accaduto, per evitare il pericolo di ricadute e condurre l’Italia e il nostro popolo verso una piena e vera pacificazione nazionale.È l’obiettivo che l’Associazione Fratelli Mattei persegue fin dalla sua fondazione e che era nel cuore della signora Anna, donna straordinaria che non ha mai smesso di chiedere giustizia per i suoi figli e che ha impegnato tutta la sua vita con la forza della testimonianza. È l’obiettivo che mi auguro tutte le forze politiche, le Istituzioni, le agenzie educative e la società vogliano porsi per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di rispetto e tolleranza. Perché nel confronto politico non ci siano più nemici da abbattere o da distruggere, ma soltanto avversari, con i quali confrontarsi civilmente e nel riconoscimento reciproco. Buon lavoro.
Questo è quanto ha dichiarato una politica post-fascista che finora non ha mai riconosciuto la lotta di liberazione partigiana, non ha mai festeggiato il 25 aprile, di recente si è dimenticata di precisare chi fossero le vittime delle Fosse Ardeatine (stendendo un pietoso velo su quando detto dal suo collega di partito Ignazio La Russa) e in passato si è guardata bene dal definire fasciste le stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia, dell'Italicus, e della stazione di Bologna.
E questo vorrebbe dire che c'è molto altro per cui rammaricarsi che la morte dei figli di un fascista? Ci mancherebbe!
È solo che quando si parla di pacificazione, tolleranza, rispetto reciproco, ecc., questo può avvenire solo nel riconoscimento della storia, di ciò che è stato il nazifascismo e della sua condanna e non nella reinterpretazione di fatti con annesse giustificazioni.
Meloni e i post-fascisti finora non lo hanno fatto ed difficile credere che lo passano fare in futuro, cosiderando le parole pronunciate oggi dal ministro della subcultura Gennaro Sangiuliano, durante la cerimonia odierna a Primavalle:
"Ho sempre riflettuto sul fatto che Stefano Mattei aveva 8 anni, io all'epoca ne avevo 10, avremmo potuto essere compagni di giochi. Io ho avuto una vita, a lui invece è stata strappata in maniera così violenta, crudele, atroce. Non ha potuto vivere legittimamente per effetto di un atto di violenza comunista, diamo i contenuti e le parole che bisogna dare. Detto questo noi abbiamo il dovere di chiudere il Novecento con tutte le sue lacerazioni, dobbiamo arrivare ad una pacificazione nazionale ma dobbiamo farlo anche coltivando la memoria".
Nella sua attività di pacificazione, il post-fascista Sangiuliano, così come i suoi camerati, lo scorso 22 febbraio ha dimenticato di ricordare l'omicidio di Valerio Verbano, commesso a Roma il febbraio 1980 da tre fascisti che lo freddarono con un colpo di arma da fuoco nel suo appartamento.
Forse perché era un comunista?