Nonostante abbia ormai perso qualsiasi barlume di credibilità, sia per il supporto ad Israele nel genocidio in atto a Gaza che per il quasi innamoramento nei confronti della (post) fascista Giorgia Meloni, la signora Ursula von der Leyen ha annunciato oggi la sua disponibilità a guidare per altri 5 anni la Commissione Ue.

L'annuncio lo ha fatto questo lunedì durante una conferenza stampa a Berlino in occasione di un evento del suo partito di appartenenza, l'Unione Cristiano-Democratica (CDU) che in Europa contribuisce a sostenere le fila del Partito popolare europeo (PPE). La CDU, pur essendo un partito di centrodestra, non ha mai fatto alleanze di governo con gli estremisti di destra e l'attuale indirizzo dell'Europa, in teoria, è di un governo di centrosinistra, con i popolari alleati con socialisti e liberali.

I recenti avvicinamenti tra Meloni e von der Leyen fanno ritenere che dopo le prossime elezioni europee si possa anche ipotizzare la formazione di un patto di governo tra popolari e conservatori, quest'ultimi rappresentati dai (post) fascisti italiani, polacchi e - prossimamente - anche ungheresi. Naturalmente si tratta di ipotesi su cui nessuno dei protagonisti ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, richiedendo anche il supporto dei numeri, e pertanto di voti nelle urne.

"Mi sono candidata nel 2019 perché credo fermamente nell'Europa. L'Europa è la mia casa, proprio come la Bassa Sassonia. E quando è arrivata la richiesta se potevo immaginare di diventare presidente della Commissione europea, ho detto subito sì, intuitivamente. Oggi, cinque anni dopo, prendo una decisione in maniera molto consapevole", ha detto von der Leyen dopo il suo annuncio.

Von der Leyen dovrà essere formalmente nominata come candidato del suo partito con una votazione al congresso del PPE a Bucarest, in Romania, il 6-7 marzo.

Nonostante il suo modo di proporsi  apparentemente conciliante, il suo decisionismo l'ha messa anche in contrasto con molti governi del cui appoggio avrà bisogno per assicurarsi il secondo mandato, come nel caso del sostegno a Israele nella guerra contro Hamas e alla politica verso la Cina, dove ha preso posizioni senza consultare gli Stati membri.

Poi c'è lo "scandaluccio" Pfizergate, in riferimento ai messaggi che ha scambiato con l'amministratore delegato del colosso farmaceutico Pfizer, Albert Bourla, per concludere l'accordo sui vaccini nel 2021. Il fatto ha portato il New York Times ad adire le vie legali contro la Commissione, per la sua incapacità di fornire accesso a quei contenuti. Sebbene l'attenzione su questo caso sia stata finora limitata agli ambienti di Bruxelles, si prevede che un tribunale si pronuncerà sulla battaglia legale durante l'anno in corso. Politicamente, una sentenza sfavorevole invierebbe un segnale imbarazzante e potrebbe avere implicazioni alla candidatura di von der Leyen per il secondo mandato.