In Turchia e Siria è una corsa contro il tempo per cercare di salvare dalle macerie quanta più gente possibile, ma è un'impresa disperata, per l'enormità della catastrofe, tanto che lo stesso Erdogan ha ammesso che quanto accaduto va al di là della capacità di risposta che il governo poteva prevedere e garantire. 

Comunque, il presidente turco - anche pensando alle prossime elezioni presidenziali - ha poi dichiarato che le cose stanno migliorando e che domani ancora di più, aggiungendo di aver mobilitato tutte le risorse a disposizione dello Stato.

Pertanto, è comprensibile quanto sia determinante l'apporto delle squadre USAR (Urban Search And Rescue) inviate da diverse nazioni, Italia compresa, nelle operazioni di soccorso.

Squadre che però non operano nel  nord ovest della Siria. Secondo fonti locali, ad Al-Yaum, ad eccezione di una squadra egiziana, non è arrivato alcun tipo di aiuto, così come in altre località della provincia di Idlib. Sarebbero più di 1.500 i morti in quella regione, che le organizzazioni umanitarie faticavano a raggiungere anche prima del terremoto.

Alcuni aiuti da paesi che sostengono la Siria o che potrebbero essere considerati potenziali alleati sono giunti ​​oggi nel Paese, ma si teme che il regime possa impedire che vengano inviati anche nelle aree occupate dai gruppi di opposizione. Una situazione ben oltre il limite del grottesco: una tragedia nella tragedia.

Nel frattempo, il numero dei morti, sia in Siria che in Turchia, è arrivato a superare quota 12mila. Decine di migliaia, il numero dei feriti.

Ancora disperso l'italiano Angelo Zen.



Immagine: vittime del terremoto nell'ospedale di Afrin, città curda sotto il controllo dell'esercito siriano (twitter.com/HolbiMajd/status/1622993005983432704)