Allarme dell’Inps sulle pensioni: il sistema previdenziale potrebbe essere a rischio nei prossimi anni. Il costante calo demografico rende troppo sbilanciato il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi.

Il quadro che emerge dai dati ISTAT e INPS sulle pensioni e sull’invecchiamento della popolazione, combinato con il debito pubblico ai massimi storici, delinea una situazione preoccupante per il futuro delle pensioni in Italia.

Altro che superamento della Legge Fornero per consentire condizioni di pensionamento più umane e dignitose. Oggi, nonostante le promesse di Salvini e della Meloni, il rischio è quello di rimpiangere addirittura la famigerata riforma previdenziale dei Professori!


Come sta messo il ‘Sistema Pensioni’?

Speranza di vita in aumento. L’aumento della speranza di vita è una delle principali preoccupazioni legate al sistema pensionistico. Le persone vivono più a lungo, e ciò significa che lo Stato dovrà sostenere un numero crescente di pensionati per un periodo più lungo di tempo. Secondo le ultime statistiche, l’aspettativa di vita in Italia si è allungata ulteriormente, superando gli 83 anni di media. Questo richiede un ripensamento della sostenibilità del sistema pensionistico.

Denatalità in forte calo. L’altro lato della medaglia è il declino demografico. La natalità in Italia è in calo da decenni, e nel 2023 si è registrato uno dei tassi di natalità più bassi nella storia del Paese. Ciò comporta un numero ridotto di giovani lavoratori che, nel futuro, potranno sostenere con i loro contributi le pensioni delle generazioni più anziane. Questo squilibrio tra pensionati e lavoratori attivi è una delle principali minacce per la tenuta del sistema pensionistico a ripartizione.

Debito pubblico ai massimi storici. Il Ministero dell’Economia ha confermato che il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli record, superando i 2.800 miliardi di euro. Questo vincola pesantemente le risorse dello Stato, che deve destinare una parte significativa del bilancio al pagamento degli interessi sul debito, sottraendo fondi che potrebbero essere destinati ad altre politiche sociali, comprese le pensioni. La sostenibilità del debito e la necessità di mantenere i conti pubblici in ordine impongono anche una riflessione sulle riforme del sistema pensionistico.

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. L’INPS, oltre a pagare le ‘normali’ pensioni di vecchiaia, gestisce una vasta gamma di prestazioni sociali e previdenziali in Italia:

  • Pensioni sociali (Assegno Sociale): Questa prestazione è riservata a coloro che non hanno sufficienti contributi o redditi per ottenere una pensione ordinaria e vivono in una situazione economica difficile.

  • Pensioni d’invalidità: L’INPS eroga pensioni e assegni di invalidità civile a persone con disabilità che ne fanno richiesta e che dimostrano di avere un’invalidità superiore a determinate soglie, così come indennità di accompagnamento per chi ha gravi difficoltà.

  • Cassa integrazione: È un sostegno economico per i lavoratori dipendenti che si trovano in situazioni di crisi aziendale, quando le aziende riducono o sospendono temporaneamente l’attività lavorativa.

  • Reddito di cittadinanza: Introdotto più di recente, il Reddito di Cittadinanza è un sussidio economico per famiglie e individui che vivono sotto la soglia di povertà.

  • Pensioni “baby”: Queste pensioni, erogate in passato, erano riservate ai dipendenti pubblici che, con un numero ridotto di anni di servizio (a volte anche solo 14 anni, 6 mesi e 1 giorno per le donne con figli), potevano accedere alla pensione. Sono state molto criticate nel tempo per l’ingiustificato squilibrio tra contributi versati e benefici ricevuti.

Insomma, l’INPS gestisce le risorse provenienti dai contributi versati dai lavoratori e dai datori di lavoro per finanziare anche questi diversi strumenti di protezione sociale e poi succede, come succede, che non si ritrova più i soldi per pagare le pensioni a chi ha versato per un’intera vita lavorativa i propri contributi.


Cosa significa tutto questo per i futuri pensionati?

L’insieme di questi fattori mette sotto pressione il sistema pensionistico italiano. Le prospettive per i futuri pensionati potrebbero non essere rosee:

Riforme delle pensioni. È probabile che si debba intervenire con ulteriori riforme, come l’innalzamento dell’età pensionabile, la riduzione degli importi pensionistici o il passaggio definitivo al sistema contributivo puro, che lega l’importo della pensione a quanto effettivamente versato durante la carriera lavorativa. Queste misure, pur necessarie per la sostenibilità del sistema, potrebbero ridurre le prospettive per chi va in pensione in futuro.

Diminuzione del potere d’acquisto. Le pensioni future potrebbero essere più basse rispetto a quelle attuali in termini reali, a causa dell’inflazione e della mancanza di contributi sufficienti da parte delle generazioni più giovani.

Riforme del welfare. Per far fronte all’invecchiamento della popolazione, il governo potrebbe essere costretto a rivedere il welfare in senso più ampio, per integrare servizi di assistenza agli anziani e misure di sostegno per le famiglie, il che potrebbe avere un impatto sulle risorse disponibili per il sistema pensionistico.

In sintesi, i prossimi pensionati rischiano di ritrovarsi in una situazione molto diversa rispetto a quella attuale, con pensioni più basse, un’età di vecchiaia che si spinge ben oltre gli attuali 67 anni previsti dalla legge Fornero, e un sistema di welfare sotto pressione.

Insomma, a pagare i conti di un debito che non è certo stato causato dai lavoratori dipendenti, ma dalle politiche dei governi che si sono succeduti fino ad oggi alla guida del paese, saranno come sempre i soliti fessi: i lavoratori dipendenti, che dovranno continuare a sopravvivere con stipendi da fame, e i pensionati di domani, costretti oltre alla beffa di dover andare in pensione dopo i 67 anni, pure il danno di dover percepire un assegno previdenziale di gran lunga inferiore alle ultime retribuzioni e a quello dei loro ‘colleghi già in pensione’.