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Marilyn stava girando un film con Dean Martin, un caro amico, quando fu trovata morta. Wilder sostenne sempre che nessuno lo aveva avvisato della disgrazia: chissà perché i giornalisti, i soliti perfidi, un giorno di caldo torrido a Parigi lo avrebbero preso d'assalto per chiedergli qualcosa della Monroe...  

Sfruttarne il mito non dev’essere parso vero. Il personaggio  sbiadì nei femministi anni settanta, per ricomparire nel decennio successivo, sparato a mitraglia da innumerevoli biografie, spesso scritte da cialtroni in cerca di pubblicità. Interloquì anche la sua domestica di New York, la napoletana Lena Pepitone ( altra "ospitata" da Paolo Limiti), con nuove “rivelazioni”, per lo più dettagli di poco conto. Sono spuntate altre ipotesi , di cui qui citiamo a caso: aveva sei dita dei piedi; era figlia di Clark Gable; il suo bambino è stato dato in adozione; aveva il  seno piatto. Quest'ultima notizia, ciliegina su una torta di stupidaggini che circolano "in rete" , si è sparsa solo perché, dopo la devastante autopsia, per esporne degnamente la salma, le avevano imbottito il petto.

 Alcuni gentiluomini italiani del mondo dello spettacolo , con quella finta discrezione che crolla velocemente ( per insistenza dei soliti  giornalisti cattivoni…),  hanno sostenuto di aver avuto una storia con lei: dall’inossidabile Rossano Brazzi ( aggiunse che anche sua moglie ne era un’ ammiratrice e quasi quasi approvava la tresca), al partenopeo Carlo Croccolo, fino ad Achille Togliani, cantante famoso negli anni ’50. Il teutonico attore Karlheinz Bohm ( marito di Sissi nell’omonimo film) si limita ad affermare che avrebbe potuto, ma ha lasciato perdere: la classe non è acqua.

La compagna di Totò, Franca Faldini,  cui capitò di conoscerla durante un soggiorno in America, ci racconta che Marilyn un giorno scoprì le tette davanti a tutti, per mostrare quanto fossero belle.

Arthur Miller  negli anni ’90 fece uscire un’autobiografia, ma la maggior parte delle pagine è dedicata a lei. Joe di Maggio ha mantenuto un rigoroso silenzio fino alla morte nel 1999, dopo aver provveduto a rinnovare, per anni, i fiori freschi sulla sua tomba. D’altronde, era stato l’unico “parente” presente al funerale: dopo aver provveduto a organizzarlo, invitando pochissime persone e vietando la partecipazione a molte altre, vegliò la salma tutta la notte e scomparve per sempre dalle scene internazionali. Guadagnava bene con la pubblicità, fu ospite anche in Italia, ma guai a chiedergli di lei.

 Marilyn non aveva una famiglia, né la forza per aggregarne qualcuna dai compagni. Continuava a fare donazioni agli orfanotrofi ed era ossessionata dalla mancanza di figli che a trentasei anni, e dopo tanti problemi di salute, disperava ormai di avere. Stanca e disorientata, faceva  progetti, leggeva copioni, ma non era ritenuta affidabile e prendeva un sacco di roba per tenersi su. Non riceveva conforto da fedi o filosofie. Nata protestante, aveva aderito alla setta "Christian Science" come la madre, poi si era convertita all’ebraismo per sposare Miller, ma si definiva atea. La vicinanza ai Kennedy rafforzava la delirante accusa di simpatie a sinistra, peccato imperdonabile nell’America di allora ( e di adesso). Dicono anche che fosse quasi povera: risulta che possedesse solo la propria abitazione (una modesta villetta acquistata nell’anno della morte) e un esiguo conto in banca.

Forse molte donne la tenevano alla larga per prudenza: pare che conservasse il vizietto di andare coi mariti altrui,  e ne usciva come l’unica responsabile di queste trasgressioni. Lei stessa si vedeva ormai confinata a vita nel ruolo di amante segreta, di passatempo usa e getta. La accusavano di confondere le attenzioni sessuali maschili con l' amore, illudendosi ogni volta che  sarebbe stata quella buona.

La configurazione generale della sua personalità induce a pensare ad un suicidio, forse involontario. In quegli anni accadeva di frequente che dive, o mezze tali, in declino, si togliessero la vita. Senza arrivare a tanto, queste donne spesso si mettevano in pericolo con condotte disinvolte, mentre gli studios riuscivano a coprire le malefatte.

 Sempre negli anni ‘90, lo scrittore Donald Wolfe ha rilanciato i dubbi sulla morte di Marylin, acquisendo testimonianze dai pochi sopravvissuti che ricordavano qualcosa. In questo, come in altri casi poco chiari, si ha però l’impressione che i testimoni, più che aiutare la ricerca della verità, vogliano “togliersi qualche sasso dalle scarpe”: screditare i Kennedy, accusare la polizia, puntare il dito contro il sistema giudiziario o lo strapotere dei medici e degli psicanalisti, senza disdegnare qualche momento di notorietà, con un occhio al conto in banca.

  I sospetti 

Era una giornata afosa, sui trenta gradi, quel sabato quattro agosto 1962, a Los Angeles. L'attrice, disoccupata per il momentaneo allontanamento imposto dai produttori dell'ultimo film,  era in casa con la governante sessantenne, Eunice Murray, una signora di modeste condizioni, che mal sopportava le bizze della padrona e a volte ci litigava, minacciando di licenziarsi. La notte prima aveva dormito lì anche l'amica Pat Newcombe, di diversi anni più giovane della Monroe e molto vicina al clan Kennedy. Non per la prima volta, erano arrivate telefonate anonime, con insulti alla padrona di casa. Marilyn dormiva poco e sempre aiutata da farmaci.

Si svegliò male e il genero della Murray, presente per lavori di riparazione, la descrisse sconvolta, senza poterne specificare il motivo. La colazione fu un succo di pompelmo, e, durante il giorno, ben poco sarebbe seguito, se non uova e qualche drink, la dieta abituale della star. Per rimanere magra, inoltre, ricorreva a un sistema usuale all'epoca, il clistere. Tutto ciò sembra riflesso nelle ultime fotografie a lei scattate qualche giorno avanti sulla spiaggia: nonostante fosse ancora la sexy bambolina desiderata da tutto il pianeta e avesse cantato al compleanno del presidente solo un paio di mesi prima, appariva pallida e sciupata, lo sguardo spento.

 Si sa per certo che in mattinata giunse un pacco regalo, contente un pupazzo a forma di giraffa, che non fece contenta la destinataria, contrariata dopo averlo aperto. Non si sa chi l'avesse inviato. La giraffa compare nelle foto accanto alla piscina, scattate dopo la morte.

 Non c'erano uscite in programma. Per la diva, incredibilmente, si prospettava un sabato sera estivo sola in casa. Joe Di Maggio, in genere sempre pronto ad alleviare la sua solitudine, da qualche tempo si era defilato, accusando la ex moglie di farsela con Sinatra e quest'ultimo di non essere stato un vero amico, trascinandola in una vita dissipata da cui lei usciva sempre più disperata e malconcia. Il suo psichiatra, l'eminente dottor Greenson, che  per una volta non aveva voluto rimanere ad assisterla, stanco di una assiduità su cui ormai tutti malignavano, le aveva prescritto di bere molta acqua e riposarsi.

La ricostruzione poggia sostanzialmente sulla testimonianza di due persone: la citata governante Murray e l'attore Peter Lawford, cognato dei Kennedy, avendone sposato la sorella Patricia. Era costui un  mediocre attore, noto libertino alcolizzato, descritto come arrogante, ruffiano degli illustri parenti, manutengolo degli amici cui forniva donnine ( tra essi, il solito Sinatra). Egli rilasciò, nell'immediato e durante la breve inchiesta che seguì alla morte, differenti versioni dell'accaduto, parlando di una festa in una villa sul mare da amici comuni, cui aveva invitato Marilyn, di cui si professava amico (forse), e occasionale amante ( e parrebbe proprio di no).

Tuttavia, stando alle sue parole, lei avrebbe rifiutato l’invito, minacciando, già per telefono, intenzioni suicide. Lawford è morto sessantenne, nel 1984, senza scucire più nulla di interessante sull'argomento, ma sia la sua seconda moglie Deborah Gould ( dopo il divorzio dalla Kennedy, ne ebbe altre tre) che la terza Mary Rowan, hanno dichiarato ai giornalisti che, probabilmente, ben poco di vero ci fosse nelle dichiarazioni ufficiali agli investigatori: dalle confidenze ricevute dal marito, avevano tratto la convinzione che sulla vicenda fosse stata stesa una coltre di omertà.

Altri ospiti di quella festa, come gli allora fidanzati Natalie Wood e Warren Beatty, rifiutarono sempre di accennarvi, mentre gli organizzatori del party hanno raccontato che Lawford passò il tempo a bere, e non fu udito da nessuno urlare al telefono "Marilyn, no, non farlo!", come accoratamente "confessava" ai reporter che, nel tempo, si erano alternati nel tentativo di farlo parlare.

 Eunice Murray poteva non avere certi motivi per mentire agli investigatori, ma forse altri di diverso tipo. Descritta dai biografi più torbidi come un'infiltrata dei servizi segreti, incaricata di controllare la pericolosa diva dalle idee radicali e la lingua lunga con gli inquilini della Casa Bianca, è poi morta in povertà, dopo aver vissuto in una roulotte a Santa Monica, il che non sarebbe indice di lauti prezzolamenti da parte di chicchessia. Ma di certo è  apparsa reticente.

La signora Murray si ostinò sempre a dichiarare di essere andata a dormire,  verso le otto, dopo aver sentito musica di Sinatra provenire dalla stanza chiusa di Marilyn ( cui non bastava frequentarlo, evidentemente, ma perfino i suoi dischi in camera si portava); e che sotto la porta passava la prolunga del telefono, semisepolta da un'alta moquette. Si sa che l'attrice telefonava spesso e lungamente, voleva avere l'apparecchio appresso in ogni stanza e il cordless non era ancora di uso comune. In effetti quel giorno, ma solo perché lo affermano gli interlocutori, risulterebbero alcune telefonate fatte e ricevute, due date per certe: a un'amica del cuore, Jeanne Carmen,  che rispose di avere altri impegni e non poter venire a trovarla, e alle sue successive insistenze non rispose, e con  il figlio di Joe Di Maggio.

Il  massaggiatore Ralph Roberts dice di averla chiamata, ma avrebbe risposto Greenson, affermando che lei era fuori casa: circostanza fumosa. Poi, troviamo coloro che affermano con certezza che la star avrebbe ripetutamente  e inutilmente cercato Bob Kennedy: ma dove? Il ministro della giustizia, di sabato, era certamente in qualche sua dimora con la numerosa famiglia e non reperibile attraverso normali canali di comunicazione.

Sempre stando alla sua versione, la Murray si alzò verso mezzanotte, spinta da un "sesto senso" e fu insospettita dalla luce che ancora filtrava dalla porta: molti hanno obiettato, innanzitutto, che la fitta moquette non lo avrebbe permesso, e poi che Monroe poteva essersi addormentata a luce accesa, come talora accadeva.

Invece Eunice si allarmò, guardò dalla finestra a pian terreno, ma disse di averla trovata  schermata da pesanti tende, così da non concedere spiragli visivi, quindi chiamò il dottor Greenson, che subito arrivò...alle tre e mezzo del mattino. Si, perché è a quell'ora, circa, che si legge sia stata dichiarata la morte. Lo psichiatra e la governante, entrati a loro dire rompendo il vetro della finestra, continuarono a pasticciare con gli orari; la vedova del capo della Polizia , anni dopo, raccontò che il marito, Parker, rimase abbottonatissimo per tutta la vita al riguardo anche con lei, che pure qualche indiscrezione aveva provato a cavargli, nel tempo, senza successo.

Continua...