Non so voi, ma io incomincio ad essere un po' stanco di questi "compleanni" posticci, troppi per essere tenuti a mente e per offrire un giusta occasione di riflessioni e di bilanci sul festeggiato.

Mi viene da osservare che poi a Corto Maltese i compleanni, soprattutto il suo, non sarebbero piaciuti. Non ho prove sicure, ma mi sento di estrapolare questa convinzione da elementi noti del suo carattere. E poi, che senso ha parlare di un "cinquantenne" che ha conosciuto Enver Pasha ed ha vissuto la rivoluzione russa nel Caucaso passando tra le linee dell'Armata Rossa e dei controrivoluzionari bianchi?

Vorrei invece parlare del suo creatore, Ugo Pratt che, se fosse vivo, avrebbe oggi 90 anni. L'avevo conosciuto a Bruxelles in una piccola galleria d'arte sugli stagni di Ixelles dove esponeva alcuni originali delle sue strisce.

Gli piacevano i laghi e probabilmente l'aveva scelta proprio per la prossimità a quelle acque scure e fredde. Pratt mi era parso come me lo ero sempre immaginato, una persona cortese e schiva, affabile come sanno essere quelli che hanno girato il mondo e che ascoltano con attenzione degli sconosciuti vantarsi delle loro ultime vacanze alle Maldive. Un italiano grande, di quella generazione di italiani che avevano vissuto la guerra e che sapevano cosa fossero la fame, gli stenti, l'oppressione di un esercito occupante.

Poi l'emigrazione in Argentina, come tanti connazionali che lasciavano, senza il clamore di oggi, un paese distrutto per cercare lavoro. E lì, in Argentina, iniziò la sua straordinaria carriera di disegnatore, con quel tratto preciso e sognante che doveva caratterizzare per sempre i suoi fumetti.

Ebbe un successo travolgente in Italia e in Francia, soprattutto tra i giovani della generazione del 68 che riuscì a conquistare con un personaggio, Corto Maltese, romantico e solitario, che aveva tante qualità, ma cui certamente mancava una visione "socialmente impegnata" dell'esistenza. Passò gli ultimi anni della sua vita nel piccolo villaggio di Pully, sul lago di Ginevra, dove morì nel 1995.

Non vi stupirete quindi se, una volta trasferito a Ginevra per occuparmi di aride questioni di scambi commerciali, decisi di recarmi, nel primo pomeriggio libero, a Pully per scoprire cosa avesse spinto un giramondo come Ugo Pratt a chiudere la sua vita in un remoto angolo del Cantone di Vaud.

Arrivato lassù capii che doveva essere stata la luce, limpida cristallina, che avvolge soprattutto in autunno e in primavera quel lago, grande quanto basta per offrire l'illusione del mare e con il Monte Bianco che quasi ti sembra di toccarlo. Tu sai che lì è l'Italia, ma non sei in Italia.

Ugo Pratt, mi dissi, aveva voluto morire da esule a due passi dall'Italia, perché esule era stato per tutta la vita. Morire sul confine, ma dall'altra parte del confine di un Paese che si ama e si odia nello stesso tempo.