Il 6 luglio è stato (nuovamente) pubblicato il decreto del Ministro della Salute Orazio Schillaci, che include il cannabidiolo, CBD – uno dei principi attivi della cannabis non stupefacente e per questo non incluso nelle Convenzioni Onu sulle sostanze narcotiche e psicotrope -, tra i farmaci sotto stretto controllo perché stupefacenti.Il decreto fimato il 27 giugno recita “Nella tabella dei medicinali, sezione B, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni, è inserita, secondo l'ordine alfabetico la seguente frase: composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis”.A parte la totale mancanza di considerazione per le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e l'abbondante letteratura scientifica che da decenni prevede il CBD come terapia prescrivibile per molte condizioni, il Ministro Schillaci sembrerebbe essersi assunto la responsabilità di forzare la mano, bloccatagli almeno un paio di volte dal TAR del Lazio che all'inizio dell'anno aveva fissato per il 16 settembre 2024 la decisione finale del ricorso presentato l'autunno scorso da alcune organizzazioni che producono cannabis. Se così fosse sarebbe un terzo motivo per cui questa decisione va messa in mora pubblicamente e istituzionalmente. La giustificazione esplicitata dal Ministro nel decreto sarebbe l'aver ricevuto nel mese di maggio una nuova istruttoria da parte dell'Istituto superiore di sanità e dal Consiglio superiore di sanità che aggiornerebbe le informazioni ritenute necessarie per la decisione. Di tale documentazione non c'è naturalmente traccia in Gazzetta ufficiale neanche in forma di indice degli studi consultati. Considerare stupefacente una molecola al centro di raccomandazioni internazionali perché efficace nel trattamento di diverse condizioni, dall'epilessia minorile a spasmi muscolari andrà ad aggiungere ulteriori ostacoli burocratici allo stigma che purtroppo ancora accompagna l'uso medico della cannabis e la sua cronica mancanza sul mercato italiano colpendo decine di piccole e medie imprese cresciute negli anni. Da anni nelle farmacie italiane si vendono vari tipi di preparati galenici a base di CBD e, grazie a una legge del 2016, il prodotto con concentrazioni inferiori viene venduto anche nei cosiddetti canapa shop, nelle erboristerie e nei tabaccai. Quello della cosiddetta “cannabis light” è un settore produttivo e commerciale che ha tenuto anche durante la pandemia; la tabellazione del CBD per uso orale lo renderà disponibile solo in farmacia e solo su prescrizione medica e per determinate patologie. All'indomani della prima sospensiva del TAR adottata nel settembre scorso, l'Associazione Luca Coscioni aveva co-promosso un sondaggio di Swg che aveva coinvolto 1601 persone che utilizzano oli, estratti o farmaci a base di CBD. Secondo 9 intervistati su 10 la difficoltà di reperimento dei prodotti legata a nuove regole comporterà un peggioramento della qualità della vita e delle condizioni di salute. Ciò potrebbe portare a cercare nuovi canali di approvvigionamento, rivolgendosi maggiormente al web o a canali non ufficiali, con la certezza di un significativo aumento dei costi.Il decreto entrerà in vigore il 27 luglio, occorrerà quindi approfondire se la nuova pubblicazione è andata nei termini per cui è stata giustificata dal Ministro perché, comunque, si tratterebbe di un precedente molto grave.
Così Marco Perduca, per l'Associazione Luca Coscioni, ha commentato il Decreto del Ministero della Salute 27 giugno 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 6 luglio, che inserisce le "composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis" nella tabella delle sostanze stupefacenti.
Anche l'Sssociazione Imprenditori Canapa Italia chiede di conoscere quali siano gli studi e i pareri su cui il ministro Schillaci ha basato la sua decisione:
"Se questi pareri sono favorevoli all'inserimento del CBD nella tabella B dei medicinali, contrasteremo tali decisioni, poiché vanno in direzione contraria a tutta la letteratura scientifica disponibile e contro le disposizioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e della comunità europea sulla sicurezza del cannabidiolo. Le evidenze scientifiche internazionali, comprese quelle dell'Oms, dimostrano chiaramente che il CBD è una sostanza sicura senza rischio di abuso e dipendenza.Solleviamo inoltre seri dubbi sul fatto che questa serie di manovre legislative possa essere volta a favorire indebitamente le case farmaceutiche, consegnando loro un mercato dal grande potenziale economico. Questa preoccupazione nasce dall'apparente intenzione del governo di restringere l'accesso al CBD attraverso la medicalizzazione forzata, un'azione che sembra avvantaggiare esclusivamente le grandi aziende farmaceutiche a discapito dei piccoli produttori e degli operatori del settore della canapa".