Nel corso dell'ultimo decennio si è assistito a un progressivo indebolimento delle garanzie giuridiche riconosciute alle persone migranti. L'ultimo decreto-legge che prevede il trasferimento in Albania di persone già presenti sul territorio italiano e già trattenute nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) rappresenta tuttavia un salto di scala nelle politiche migratorie, aprendo a scenari inediti nel contesto europeo.È quanto mai necessario fare anche riflessione sulle sue implicazioni sistemiche, che vanno oltre le pur rilevanti violazioni dei diritti fondamentali.Il trasferimento coatto oltre i confini nazionali di persone già trattenute nei CPR segna un mutamento di paradigma. Si accentua ulteriormente, infatti, il trattamento giuridico e amministrativo radicalmente differenziato per le persone migranti, creando una frattura profonda nell'ordinamento giuridico nel suo complesso. Se, come spesso osservato, le politiche migratorie funzionano da specchio per la qualità dei diritti, ciò che oggi si riflette è l'immagine di una democrazia in fase di sostanziale ridefinizione.In questo senso il decreto-legge n. 37/2025 è in stretto dialogo con il decreto-legge cd. sicurezza che il governo ha approvato nei giorni scorsi.Si esaspera la contrazione dei diritti costituzionali quali la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), il diritto all'abitazione, i diritti delle persone detenute ad esercitare i propri diritti anche all'interno dei contesti detentivi perché non smettono, sicché detenuti, di essere persone e in quanto tali titolari di diritti e della dignità.Diritti negati anche alle persone straniere trattenute nei CPR.A tutti costoro – detenuti o trattenuti in CPR  – si impedisce di resistere anche passivamente a ordini della polizia, determinando, tra le altre, anche una scala gerarchica tra le persone, sintomatica di un regime autoritario.Ed è proprio questo che dovrebbe fare riflettere l'intera cittadinanza: l'accorpamento e il confinamento ai margini di categorie di persone nei confronti delle quali il potere spiega tutte le proprie energie per reprimere e nascondere alla società gli/le indesiderati/e, coloro che socialmente sono antagonisti, con l'azione o semplicemente con il loro corpo. La restrizione dei diritti delle persone migranti è da sempre banco di prova per estendere poi lo stesso approccio alle altre categorie sociali. Diventa quindi essenziale attivare strumenti di mobilitazione su tutti i livelli – istituzionale, sociale, politica – per evitare la normalizzazione di tali pratiche. È necessario contestare le violazioni dei diritti e, al contempo, contrastare l'orizzonte politico che le rende possibili.Le politiche migratorie si confermano come un laboratorio per sperimentazioni normative a vocazione autoritaria. Il “modello Albania” costituisce un'accelerazione di questo processo, con effetti che si dispiegano su più fronti. Da un lato, per le persone trasferite, si prospetta un regime di isolamento estremo, ulteriori ostacoli all'accesso alla tutela legale e un aggravamento delle già critiche condizioni di detenzione nei CPR. Dall'altro lato, per l'intera popolazione migrante vincolata al rinnovo del permesso di soggiorno, si intensifica il rischio di ricattabilità, ora aggravato dalla minaccia di trasferimento forzato all'estero.

Quanto sopra riportato è l'introduzione dell'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione all'analisi giuridica del DL 37/2025.

Perché parlarne?

Perché quest mattina, dal porto di Brindisi, la nave Libra, un pattugliatore della Marina Militare con a bordo 80 militari, ha lasciato il porto di Brindisi poco dopo le nove del mattino, per trasportare 40 migranti nel centro di permanenza e rimpatrio di Gjadër, in Albania, la cui destinazione d'uso è stata modificata con il decreto di cui si è parlato in precedenza. Il centro, oggi con una capienza di 48 posti, ospiterà persone che in Italia hanno già ricevuto un decreto di espulsione.

"Il Tavolo asilo e immigrazione (Tai), in collaborazione con il Gruppo di contatto parlamentare sia di Camera e Senato che dell'Europarlamento - ha dichiarato Amnesty International - si recherà di nuovo in Albania per una missione di monitoraggio in concomitanza con il trasferimento di persone dai cpr italiani alla struttura di Gjadër.L'obiettivo della missione è approfondire con quali criteri siano state selezionate le persone trasferite, verificare le modalità con le quali avverranno i trasferimenti e le condizioni nelle quali verranno detenute nel centro di Gjadër, oltre che monitorare il rispetto dei loro diritti, a partire dalla tutela legale e dall'accesso alle cure mediche.Oltre ad approfondire gli aspetti menzionati, il Tavolo asilo e immigrazione denuncia l'assurdità di un'operazione che punta, ancora una volta, ad alimentare un'immagine distorta e strumentale della gestione dell'immigrazione.Il Decreto-legge 37/2025 è infatti l'ennesimo provvedimento con cui il governo interviene con urgenza sull'immigrazione, un tema che evidentemente ossessiona la maggioranza che lo sostiene.La straordinarietà e l'urgenza della modifica legislativa sono giustificate dal governo con la necessità di destinare ad altro uso le strutture costruite in Albania in attuazione del protocollo sottoscritto con il primo ministro Edi Rama, dopo il fallimento del piano delineato originariamente.Delle ragioni dell'urgenza e della straordinarietà di questa decisione – che prevede di utilizzare il centro di Gjadër per rimpatriare persone straniere già in attesa di espulsione nei cpr italiani – non vi è traccia in nessun documento governativo.D'altronde, in questi anni, al di là della propaganda e a prescindere dal numero dei posti disponibili e dai tempi di trattenimento massimi (che si sono allungati e accorciati a più riprese), l'efficacia della detenzione amministrativa per eseguire i rimpatri è così bassa da risultare palesemente uno strumento per alimentare paure e un'immagine negativa dell'immigrazione, funzionale al consenso elettorale e non certo all'interesse del Paese.Tra le persone che hanno ricevuto un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale – perché prive di un permesso di soggiorno e non perché hanno commesso reati, è bene ricordarlo – quelle rimpatriate attraverso i centri di detenzione non superano mai il 30 per cento, con punte al ribasso in alcuni anni più vicine al 10 per cento. Un'efficacia quasi inesistente.Se già prima, quindi, le risorse spese per rimpatriare una persona ricorrendo alla detenzione amministrativa erano del tutto ingiustificate, con il Decreto-legge 37/2025 le somme sprecate si moltiplicheranno, sempre in una condizione di scarsa trasparenza, nella quale è difficile ricavare, dalle informazioni disponibili, il costo reale di queste operazioni puramente propagandistiche.Inoltre, gli ultimi dati disponibili mostrano che la capacità ricettiva nei centri per rimpatri italiani attualmente aperti si aggira intorno al 50 per cento. A fronte di questo dato, la scelta di trasferire coattivamente le persone in Albania non ha a che fare con esigenze di tipo logistico o organizzativo. È una misura a carattere punitivo e un atto gravemente ostile nei confronti di tutte le persone vincolate al rinnovo del permesso di soggiorno e, quindi, potenzialmente esposte, in caso di perdita del diritto al soggiorno, al trasferimento coatto in Albania".



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