De-escalation e negoziati, le priorità che dovrà perseguire Washington coi due alleati euroasiatici
Le questioni internazionali che in Occidente tengono alta la tensione e le polemiche sono sempre Israele e l’Ucraina. Ed è interessante notare come il tono dei commentatori e degli opinionisti stia mutando verso una posizione di gran lunga più morbida e accomodante che non un anno o due fa. In attesa delle elezioni presidenziali, consigliano e invocano un cambio di direzione al/la prossimo/a presidente degli Stati Uniti.
Christopher Chivvis, esperto del Carnegie Endowment’s American Statecraft Program, scrive in modo estremamente diretto che le priorità della prossima amministrazione dovranno riguardare senza indugio gli interessi nazionali americani. L’aver sostenuto pressocché incondizionatamente Israele e Ucraina in tutte le loro iniziative belliche e anti-diplomatiche ha messo a rischio il Paese. Ora gli USA torneranno ad essere l’obiettivo dei terroristi, mentre l’economia è stata erosa dalla generosità disinteressata verso gli ucraini (sia civili che militari), che di fatto oggi sono mantenuti dagli americani. Ci si chiede come fare a cambiare rotta, un compito che appare difficile.
Washington non vuole mostrare di tradire questi alleati proprio adesso che hanno più bisogno del benevolo ombrello a stelle e strisce. Eppure non ci sono molte altre alternative alla “amorevole fermezza”, che deve consistere ad esempio nel ridurre l’assistenza militare presentando al tempo stesso richieste di sforzi diplomatici.
Finora Netanyahu si è bellamente infischiato delle parole di distensione e di contenimento delle sue imprese “militari”. Ma ha superato il livello di decenza e ora sta sporcando l’immagine degli USA. Con Zelensky, scrive Chivvis, le cose vanno meno peggio, poiché l’ex attore si dimostra più comprensivo ed è possibile simpatizzare con lui. Eppure le sue controffensive fallimentari e le sue incursioni segrete o non concordate col Pentagono hanno messo in imbarazzao Washington. Anche lui deve finalmente fare e dire ciò che gli chiedono i partner occidentali, America in testa.
Quindi, d'ora in avanti l'esortazione è quella di concentrarsi sulla de-escalation in entrambi i teatri. Al tempo stesso l'altra parola chiave è quella dei negoziati, delle trattative, del dialogo.
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