Il terremoto più grave registrato in Marocco negli ultimi sessant’anni ha causato finora un bilancio di 2.012 morti e altrettanti feriti, di cui molti in gravi condizioni, almeno 1.400 (fonte: ministero dell'Interno marocchino). Il sisma, poco dopo le 23 dello scorso venerdì, ha colpito una zona montuosa ad una settantina di chilometri a sud di Marrakech con una magnitudo di 6.8 della scala Richter.

Le operazioni di soccorso per aiutare i feriti e trarre in salvo i sopravvissuti da sotto le macerie, spesso iniziate a mani nude, non hanno ancora dato un'esatta dimensione di quanto accaduto, perché molte delle località più colpite sono villaggi sparsi tra le montagne dell'Atlante, in alcuni casi irraggiungibili perché le strade sono inagibili, ostruite o crollate, come nel caso di Moulay Brahim, dove molte persone sono ancora sotto le macerie. Distrutto anche il villaggio di Tansghart, nella zona di Ansi, dove le case erano praticamente aggrappate ad un pendio.

E oltre al problema dei soccorsi vi è anche quello, come accade per qualunque calamità naturale, di dare supporto a chi è sopravvissuto, che adesso non ha una casa e non sa neppure che cosa bere e mangiare.

Intanto, il re Mohammed VI ha dichiarato tre giorni di lutto e ha chiesto che per questa domenica si tenessero preghiere per i morti in tutte le moschee del paese, mentre l'OMS ha dichiarato che più di 300.000 persone sono state interessate dal sisma (un numero sicuramente molto inferiore rispetto alla realtà, visto che anche la città di Marrakesh, con quasi un milione di abitanti, ha registrato numerosi crolli nella città vecchia), con la Federazione internazionale delle organizzazioni della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa che ha ricordato che le prossime 24-48 ore saranno cruciali per quanto riguarda il salvataggio dei sopravvissuti ancora sepolti sotto le macerie.