Con un paio di settimane di anticipo, rispetto al passato, ed in coincidenza con la fine dell'anno, è terminato il girone di andata della Serie A. Dopo le prime 19 giornate è tempo di bilanci... ma solo i principali, i più evidenti, perché l'argomento calcio è comunque enciclopedico, anche a limitarlo alla sola Serie A.

Per la lotta allo scudetto anche quest'anno troviamo la Juventus seppure alle spalle di un Napoli che finalmente sembrerebbe in grado di lottare fino alla fine per vincerlo. Più indietro l'Inter, che ha sbandato nelle ultime giornate, insieme alle due romane, tra le squadre che, almeno in teoria, sono in grado di vincere il campionato 2017/2018.

Saranno comunque le coppe e la qualità delle riserve a fare la differenza. Ed in questo, la Juventus non sembra avere rivali, naturalmente tra le squadre italiane. Il Napoli, è riuscito a fare un ottimo campionato e a sfiorare la qualificazione in Champions utilizzando però quasi sempre lo stesso undici. Nel momento in cui Insigne non è stato disponibile, le prestazioni, e i risultati, del Napoli ne hanno risentito. Tra il Napoli e lo scudetto, per quello che si è visto finora, questo è l'unico ostacolo che i partenopei dovranno superare.

Il Var è stata la vera novità del campionato. Ha funzionato? Sicuramente sì. La sua introduzione è stata in ogni caso positiva. C'è però un aspetto negativo che è relativo all'uso o al non uso che ne viene fatto. In alcuni casi, infatti, gli arbitri non vi ricorrono, in altri - seppur vi facciano ricorso - l'interpretazione che danno alle immagini televisive è completamente diversa rispetto all'interpretazione che ci si attenderebbe.

L'esempio più clamoroso registrato, per la concentrazione di episodi mal giudicati dal Var, è stato l'incontro tra Fiorentina e Atalanta con l'arbitro Pairetto e gli assistenti al Var che hanno inanellato una serie di errori tale da far dubitare della loro buona fede o della loro preparazione tecnica.
Pertanto, anche il Var non sembra aver risolto il problema delle decisioni arbitrali incomprensibili, anche se, rispetto al passato, lo ha decisamente limitato.

Un altro aspetto da considerare è la sempre più indispensabile necessità per una diversa ripartizione degli introiti relativi ai diritti di immagine della Serie A. Finché la maggior parte degli introiti continuerà ad essere ripartita tra le solite squadre, il livello del campionato non potrà decollare e le partite saranno sempre meno interessanti e divertenti... tanto sappiamo già chi vince. Se a tutte le squadre non viene concessa un'equa opportunità di poter tesserare e pagare dei giocatori il cui tasso tecnico sia da Serie A, inutile stupirci che in classifica, tra la prima e l'ultima posizione ci siano ben 44 punti di distacco.

Infine, il Milan ci ricorda comunque che per fare una squadra e portarla ai vertici non servono solo i soldi (ammesso che il Milan li abbia) per acquistare i giocatori, ma anche il tempo per amalgamarli. Stesso discorso vale anche per gli allenatori, come dimostra l'esempio di Guardiola al Manchester City.

Come riassumere quindi quello che abbiamo visto finora? Positivamente, come il primo passo verso una evoluzione del calcio italiano, in vista della costruzione di nuovi stadi e di nuove possibilità di auto finanziamento, ma solo se il governo del calcio saprà riformarsi con persone che diano garanzia sufficiente di trasparenza e credibilità, e che riescano a mandare in pensione gli accordi da retrobottega che hanno spesso trasformato il gioco in una commedia costruita, oltretutto, su sceneggiature mal scritte e pure scontate.