Il problema sembra di secondo piano per molti, ma la storia di Lorena, operatrice sanitaria in una Casa di Riposo di Bassano Romano, rende chiaro quanto non lo sia.
Lorena lavora come operatrice sanitaria in una Casa di Riposo di Bassano Romano, in provincia di Viterbo. Ha 51 anni e soffre di dermatite atopica da quando è nata. La patologia provoca lesioni dell’epidermide che possono arrivare a coprire la maggior parte del corpo, sono spesso accompagnate da secchezza, ferite essudanti e un prurito intenso e persistente che per molti pazienti significa anche una forte deprivazione cronica del sonno. “A scuola ero quella diversa. La frase era sempre la stessa: ‘Lorena è malata e non può farlo… Lorena è malata e non può venire con noi”.
Lorena sognava di diventare maestra di scuola elementare, “ma dopo aver iniziato gli studi di Magistrale mi sono resa conto che non avrei potuto esercitare la professione. Ci sarebbero state troppe giornate nelle quali sarei stata impresentabile per i bambini. Con la dermatite atopica puoi anche andare normalmente a letto alla sera e svegliarti il giorno dopo con il volto sfigurato da gonfiori, macchie e lesioni”.
L’obbligo di mascherina e il frequente lavaggio delle mani avrebbero potuto impedirle di stare accanto ai suoi pazienti proprio nel momento in cui c’era più bisogno di lei: “E invece le terapie innovative che sto seguendo mi hanno consentito d’indossare dispositivi protettivi per otto ore al giorno e di osservare tutte le regole sul lavaggio delle mani. È stata la mia salvezza. Non avrei potuto immaginare di starmene a casa in questo momento di emergenza”.
Di Lorena ce ne sono tante, per questo l’Associazione Nazionale Dermatite Atopica ha lanciato un appello tramite il suo presidente Mario Picozza: “È fondamentale per le persone affette da dermatite atopica fare uso massiccio e costante di creme idratanti e altri prodotti molto costosi. Adulti e famiglie a basso reddito con bambini malati fin dai primi mesi di vita sono spesso costretti a rinunciarci. Chiediamo che pazienti con dermatite atopica possano avere sussidi per l’acquisto di questi prodotti che, nel loro caso, non sono utilizzati per ragioni estetiche ma per gravi motivi di salute. Una misura analoga di sostegno è già riconosciuta alle persone celiache per l’acquisto di alimenti senza glutine. Un’altra questione urgente è impedire gli episodi di bullismo a scuola di cui sono vittime troppi giovani affetti dalla malattia”.
Gli effetti più visibili della patologia – l’aspetto esteriore e il prurito costante – incidono gravemente sulla qualità di vita e sono giudicati come “insopportabili” e causa di autoisolamento da due pazienti su tre secondo una recente indagine Doxa-Pharma, patrocinata da ANDeA, su un campione di 401 persone affette dalla patologia, tra studenti, lavoratori, pensionati e disoccupati. Non è tuttavia dal punto di vista clinico l’unico problema: “Nella dermatite atopica – spiega la professoressa Ketty Peris, Presidente della Società Italiana di Dermatologia SIDeMaST e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia del Policlinico Universitario Gemelli – l’epidermide perde la propria funzione di difesa dagli agenti patogeni esterni inducendo un’alterazione delle funzioni del nostro sistema immunitario. La malattia porta per questo nel tempo allo sviluppo di vari tipi di allergie, come quelle alimentari o respiratorie. È il cosiddetto fenomeno della marcia atopica”. “Manca un dato ufficiale sull’incidenza della patologia in Italia – spiega la professoressa Peris – ma uno studio recente arriva a fissarla intorno all’8% della popolazione e con buona approssimazione sembra essere il dato più affidabile”.
La già citata indagine DoxaPharma ha individuato ulteriori numeri che quantificano le ricadute psicologiche e sociali della malattia. Così, tra i 163 studenti intervistati, il 66,5% ha dichiarato di autoisolarsi a causa dell’aspetto esteriore che gli provoca la malattia, percentuale che sale all’88% nei pazienti in età compresa tra i 12 e i 15 anni.
Uno su tre (oltre il 50% nella fascia d’età 12-15 anni) ha anche dichiarato di essere stato vittima di bullismo. Una percentuale che si ritrova pressoché identica nelle esperienze di discriminazione professionale dichiarate dal 39,2% dei 183 lavoratori intervistati.
Complessivamente, due pazienti con dermatite atopica su tre (77,9% i giovani, 67,8% gli adulti) attribuiscono alla malattia pesanti limitazioni nella loro vita quotidiana e professionale. Una maggiore esposizione al rischio di ansia e depressione è un ulteriore aspetto che caratterizza la patologia.