Nonostante la febbrile campagna a favore della permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Europea, condotta da David Cameron, appoggiato anche dal partito Laborista e sostenuto dalle dichiarazioni di molti leader europei e non, gli ultimi sondaggi mostrano la Brexit in vantaggio ad appena tre settimane dal referendum del 23 giugno.
La notizia ha subito creato scompiglio nei mercati valutari, provocando un deprezzamento della sterlina che, nella giornata di ieri, ha toccato il suo valore più basso da tre settimane a questa parte rispetto al dollaro.
E' presto per dire quale sarà l'esito della consultazione referendaria, ma certo si è registrata una netta inversione di tendenza nelle intenzioni di voto, che solo due settimane fa vedevano prevalere quanti erano favorevoli a rimanere nell'UE. Lo hanno detto chiaramente i sondaggi condotti da due importanti istituti di ricerca demoscopica, quali TNS e IMC, e dal sito YouGov.
I dati della ICM si riferiscono ad un bacino di 1,741 persone, intervistate dal 3 al 5 giugno, e indicano un 48% di inglesi favorevole all'uscita dalla UE (+1% rispetto alla settimana precedente), contro un 43% intenzionato a rimanere (-1%). Gli indecisi sono il 9%, che, se ripartito in base ad una media ponderata, dà alla Brexit un vantaggio di 6 punti, 53% contro 47. Lo stesso sondaggio indica anche un incremento dell'affluenza con il 71% degli intervistati, che, richiesto di dare un voto da 1 a 10 in merito alla probabilità di recarsi alle urne, ha risposto dieci.
Delle 3.495 persone che hanno espresso la loro preferenza sul sito YouGov dal primo al tre giugno, i favorevoli alla Brexit sono il 45% (+5% rispetto ad un mese fa), 41% i contrari (-1%), con l'11% di indecisi (-2%).
Il sondaggio della TNS risale al 17 maggio e riguarda 1.222 cittadini adulti del Regno Unito. In questo caso i favorevoli ad abbandonare l'Unione Europea sono il 41% (+5%), contro un 38% (-1%) deciso a rimanere. Alto il numero degli indecisi, che raggiunge il 21% (-5%). Questi dati sembrerebbero far pensare che gli indecisi abbiano optato per la Brexit.
Per alcuni analisti il motivo di questi risultati è stato l'inizio, venerdì 27 maggio, del cosiddetto Purdah, cioè del periodo preelettorale in cui il governo e la pubblica amministrazione non possono esprimersi su una prossima consultazione. Purdah è un termine derivato dalla lingua Urdu. Indica un velo, una tenda e si riferisce all'uso in vigore in alcune società Hindu e musulmane di separare le donne dagli uomini o da stranieri, mediante appunto una tenda.
L'inizio del Purdah avrebbe spostato l'accento dalle implicazioni economiche negative della Brexit, argomento principe dei favorevoli alla permanenza e sostenuto dalle dichiarazioni del governatore della Bank of England e da un rapporto del ministero del Tesoro (cose non più possibili durante il Purdah) a quello dell'immigrazione, uno dei cavalli di battaglia dell'ex sindaco di Londra, Boris Johnson, sostenitore dell'uscita dalla UE. Ed, effettivamente, il timore dell'arrivo di un esercito di immigrati, come paventato da Johnson, sembra aver fatto breccia fra l'elettorato britannico.