Il vantaggio, oggi, di indossare una kippah
Chi non ha mai desiderato in vita sua essere al di sopra di tutto, violando qualsiasi legge riconosciuta dal diritto internazionale, vivendo indisturbato, addirittura additato ad esempio e protetto dalla comunità internazionale? Per alcuni, tale eventualità non è una semplice fantasia, ma la fotografia di una realtà che vivono da decenni. Sono gli ebrei israeliani che, dopo aver rubato con la complicità della comunità internazionale terre e beni ai palestinesi, da oltre 50 anni li sfruttano come schiavi e impediscono loro di vivere liberamente e autonomamente, avendo instaurato un regime di apartheid, di fatto ufficializzato ormai già da alcuni anni.
Tutto questo, va ripetuto perché sia ben chiaro, con la complicità dei democraticissimi Paesi occidentali che si accorgono delle violazioni dei diritti umani commesse in ogni altra parte del mondo e intervengono con sanzioni, a volte anche dure, ma fanno finta di non vedere quello che accade in Israele e nei Territori occupati.
Tutto sembra dovuto al fatto che agire in violazione dei diritti umani portando in testa una kippah è consentito. Infatti, chiunque denunci un crimine commesso da un ebreo, inevitabilmente finisce per essere additato come antisemita, negazionista (nel senso che non crede allo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale) e nazi-fascista.
Per questo, applicare sanzioni alla Russia per l'invasione dell'Ucraina e della Crimea è giusto e democratico. Invece se un cittadino dice non comprate i prodotti israeliani che trovate in un supermercato perché molti di essi sono coltivati nelle terre "rubate" ai palestinesi dai coloni ebrei, allora è un antisemita! E questo non perché lo dice Netanyahu, ma anche perché lo sostengono politici e opinionisti del civilissimo mondo occidentale.
Qualcuno dovrebbe avere la cortesia di spiegarci qual è la ratio che induce costoro a giudicare in modo diverso fatti di per sé del tutto analoghi.
Questa mattina, sui media che si sono occupati delle vicende israeliane delle ultime ore, si parla di scontri tra palestinesi che protestano e di forze dell'ordine israeliane che intervengono per sedare le violenze. I buoni, questi ultimi, contro i cattivi, i palestinesi.
Per chi, invece, volesse prendersi il disturbo di approfondire quanto sta accadendo forse si farebbe un'idea un po' diversa dello Stato ebraico.
Il quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est, è al centro di una lunga battaglia legale sulla proprietà delle case abitate da famiglie palestinesi, con i coloni israeliani che si sono messi in testa di voler evacuare 40 palestinesi (tra cui 10 bambini) che vivono lì da anni. Su questa vicenda pende la decisione della Corte suprema israeliana che, dopo aver invitato le parti a trovare un compromesso, ha rinviato a lunedì 10 maggio, giornata che coincide con le celebrazioni israeliane dell’occupazione del 1967, qualsiasi decisione in merito.
La notte scorsa, dopo il pasto che rompe il digiuno nel mese di Ramadan, i palestinesi si sono ritrovati per manifestare contro l'ennesima ingiustizia nei confronti delle famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah. La polizia israeliana ha risposto con gas lacrimogeni, proiettili veri e proiettili rivestiti di gomma... a supporto dei coloni ebrei che hanno preso parte attivamente alle violenze.
A dar manforte ai coloni c’era il parlamentare Itamar Ben-Gvir, che guida una formazione politica razzista di estrema destra, entrata quest’anno per la prima volta nella Knesset.
Venerdì notte nuovi scontri si sono registrati nella moschea di Al-Aqsa dove, dopo le ultime preghiere del venerdì, molti sono rimasti a protestare a sostegno dei palestinesi di Sheikh Jarrah. La Mezzaluna Rossa palestinese ha detto che circa 205 persone sono rimaste ferite negli scontri, di cui 88 ricoverate in ospedale.
Una situazione che Netanyahu non può non vedere con soddisfazione, dopo che il presidente Reuven Rivlin, scaduti i 28 giorni che aveva assegnato al premier israeliano per formare un nuovo governo, mercoledì scorso ha affidato l'incarico al suo principale oppositore, Yair Lapid, che teoricamente ha solo qualche possibilità in più di formare un nuovo esecutivo, ma non è ancora riuscito a trovare i voti necessari... e non sembra credibile che possa trovarli. In ogni caso, qualsiasi tensione nel Paese che possa riacutizzare le tensioni con i palestinesi è sicuramente benedetta da Netanyahu che può di nuovo spacciare la soluzione di un governo di unità nazionale come unica possibilità per sbloccare la crisi e, soprattutto, per continuare a mantenere il potere... anche perché sta affrontando un processo che lo vede imputato in ben tre casi corruzione.
Ritornando a quanto detto all'inizio dell'articolo, qual è stata la reazione della comunità internazionale a tutto questo? L'invito alla prudenza perché si allentino le tensioni da entrambi gli schieramenti!
In tal modo i democraticissimi Paesi occidentali mostrano da decenni la loro ipocrisia e nulla hanno da obiettare al regime di apartheid instaurato sia in Israele (nei confronti degli arabi israeliani) e nei Territori occupati. Il comportamento dello Stato ebraico è, se vogliamo, assolutamente giustificabile sul piano razionale... Perché dovrebbe smettere di approfittare dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento e dal maltrattamento di un popolo se nessuno glielo impedisce e a nessuno deve render conto?
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