La chirurgia robotica (Robotic Assisted Surgery) è identificabile per l'utilizzo di mezzi robotici che consentono all'operatore di praticare un intervento chirurgico manovrando, a distanza, un robot non completamente autonomo, ma in grado di eseguire manovre comandate.

Dall’inizio del secolo, dopo che la FDA americana ha dato il via libera all’impiego del primo "robot chirurgico, si calcola che siano stati oltre 4 milioni gl interventi di questo tipo nel mondo.

In Italia, in ambito ortopedico, gli interventi di chirurgia robotica sono circa 175mila: circa 99.500 riguardano l’anca, 67.300 il ginocchio, i rimanenti spalla, gomito, polso e caviglia.

Le prospettive in questo settore sono state discusse al 102° Congresso nazionale SIOT - Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia- che si è svolto a Palermo.

«Abbiamo trattato il tema delle fratture complesse dell’arto superiore, che oggi, grazie al miglioramento delle tecniche, all’approccio multidisciplinare ed al timing di trattamento, permette di conservare l’arto e recuperarne la funzione in situazioni che, in passato, avrebbero probabilmente richiesto interventi demolitivi», ha spiegato Michele D’Arienzo, Direttore della Clinica ortopedica e traumatologica dell’Università di Palermo, che ha presieduto il congresso insieme a Ernesto Valenti, Responsabile Ortopedico, Casa di cura La Maddalena di Palermo.

«Abbiamo affrontato il fondamentale tema delle infezioni, che mettono spesso a dura prova le nostre capacità di chirurgo – ha poi aggiunto Valenti. - A fronte di oltre 160 mila interventi di protesi e revisione di anca, ginocchio, spalla, caviglie e gomito eseguiti ogni anno in Italia, più di quattromila pazienti devono, infatti, fare i conti con infezioni chirurgiche post-operatorie. Sotto questo aspetto, la tecnologia robotica, grazie alla minore invasività, dovrebbe garantire migliori risultati.»

«Il primo intervento di chirurgia ortopedica con tecnologia robotica è stato effettuato in Italia nel 2011 applicando una protesi monocompartimentale di ginocchio - come ha ricordato Fabio Catani, Direttore Struttura complessa di Ortopedia e Traumatologia, Dipartimento Scienze mediche chirurgiche materno infantili e dell’adulto, Università di Modena e Reggio Emilia. - I vantaggi di un sistema robotico sono numerosi, per il chirurgo e per il paziente.

Consente infatti, interventi più accurati, meno invasivi, con riduzione dei tempi di recupero e delle complicazioni post-operatorie. Infatti, garantisce la massima precisione nel posizionamento della protesi d’anca o di ginocchio (sia monocompartimentale sia totale), le tre applicazioni per le quali è stato sinora validato.

Grazie all’esecuzione di una Tac prima dell’intervento, che permette una scansione tridimensionale dell’area in cui andrà impiantata la protesi, il chirurgo può pianificare nel minimo dettaglio le azioni da eseguire durante l’operazione. Ciò consente di rispettare al meglio i tessuti ossei, articolari e muscolari coinvolti e di ridurre gli errori di posizionamento della protesi, con una efficacia ben superiore a quella dell’intervento chirurgico tradizionale, in base a indicatori che tengono conto della soddisfazione del paziente, dei parametri clinici e delle complicanze.»

In Italia, secondo i dati del report 2016 del Progetto Riap (Registro italiano artroprotesi), coordinato dall’Istituto superiore di sanità, in collaborazione con Ministero della salute, SIOT, numerose Regioni, Assobiomedica e Apmar - Associazione pazienti con malattie reumatiche, si eseguono annualmente oltre 175 mila interventi di protesi articolare (dati 2014), con una crescita del 70 per cento dal 2001, in cui questi interventi erano stati poco più di 103 mila. Il 56,8 per cento degli interventi (circa 99.500) riguarda l’anca, il 38,4 per cento (circa 67.300) il ginocchio, con il rimanente 3,8 per cento a carico delle altre articolazioni (spalla, gomito, polso, caviglia).