Quello del 22 marzo che interessa gli addetti agli hub e alle consegne di Amazon, come dichiara Michele De Rose segretario nazionale della Filt Cgil, è "il primo sciopero della filiera Amazon d'Italia e sicuramente d'Europa, un’iniziativa che non ha riscontro nemmeno negli Stati Uniti. La multinazionale americana deve prendere atto, suo malgrado, che il sindacato fa parte della storia del nostro paese e con le rappresentanze dei lavoratori deve confrontarsi, nel rispetto di un sistema corretto di relazioni sindacali e delle tutele e regole previste dal Ccnl Logistica, Trasporto Merci e Spedizione".

"Per un giorno, il prossimo 22 marzo, ci vogliamo fermare, ci dobbiamo fermare", recita un comunicato del 19 marzo di Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. "Voi che ricevete un servizio siete le persone cui chiediamo attenzione e solidarietà, perché continui ad essere svolto nel migliore dei modi possibili.

Scioperano - scrivono ai consumatori le organizzazioni sindacali - le persone che, mai come in questo ultimo anno, ci hanno permesso di ricevere nelle nostre case ogni tipologia di merce in piena comodità. Quelli e quelle che consegnano i pacchi, quelli e quelle che ancora prima lo preparano per la spedizione. Un esercito composto da circa 40 mila lavoratori e lavoratrici che non si ferma mai. Quelli e quelle che, insieme a voi, hanno consentito il boom di ordini e conseguentemente portato alle stelle i profitti di Amazon, e quindi di fatturato, di tutto il sistema dell’e-commerce. Lavoratori e lavoratrici indispensabili, così vengono continuamente definiti da tutti, così senz’altro li abbiamo percepiti e continuiamo a percepirli noi tutti e tutte, ma come tali non vengono trattati.

I driver che consegnano materialmente la merce - scrivono Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanale e molto spesso per l’intero mese, inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di regolazione dei tempi di vita e di lavoro né tantomeno quelli del traffico delle nostre città. Si toccano punte di 180, 200 pacchi consegnati al giorno.

Dentro i magazzini – proseguono nell’appello ai cittadini i sindacati - si lavora 8 ore e mezza con una pausa pranzo di mezz’ora, ma nessuna verifica dei turni di lavoro, nemmeno nei magazzini di smistamento. Nessuna contrattazione, nessun confronto con le organizzazioni di rappresentanza sui ritmi di lavoro imposti e per il riconoscimento dei diritti sindacali. Nessuna clausola sociale né continuità occupazionale, per i driver, in caso di cambio fornitore. Nessuna indennità contrattata per covid-19, in costanza di pandemia”.

È una questione di rispetto del lavoro – scrivono infine Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti - di dignità dei lavoratori e delle lavoratrici, di sicurezza per loro e per voi. Per questo per vincere questa battaglia di giustizia e di civiltà abbiamo bisogno della solidarietà di tutte le clienti e di tutti i clienti di Amazon".

Una scelta, quella della triplice, condivisa anche dalla Logistica Usb, l'Unione Sindacale di Base:

"A novembre 2020 Amazon e Assoespressi hanno sbattuto le loro pretese sul tavolo del rinnovo del CCNL della logistica: 26 domeniche lavorative obbligatorie per i drivers, estensione oraria a 44 ore settimanali articolate su 6 giorni invece che 5 (con un solo giorno di riposo), festivi lavorativi da inserire nella normale turnazione, i primi 3 giorni di malattia senza retribuzione, controllo dei drivers attraverso GPS e dei magazzinieri attraverso telecamere (con possibilità di utilizzo del controllo a fini disciplinari), aumento del numero dei lavoratori a tempo determinato, interinali e a chiamata, limitazione del diritto di sciopero.

Da mesi USB contesta queste posizioni, da quando le stesse identiche pretese datoriali erano state motivo di scontro durante la contrattazione regionale del Lazio, causando la fuoriuscita dalla Cgil, accusata dai lavoratori di voler approvare le istanze padronali, di moltissimi iscritti a favore di USB.

Ora anche Cgil, Cisl e Uil si accorgono del problema, nell’evidente timore che tutti i lavoratori gli voltino definitivamente le spalle. Da parte loro la proclamazione dello sciopero arriva con imperdonabile ritardo, ma è anche il frutto delle mobilitazioni e dei presidi di questi mesi che USB ha organizzato dentro e fuori i cancelli della multinazionale.

Nel 2020 il fatturato di Amazon è cresciuto del 30%. Per i lavoratori, invece, l’unico aumento è stato quello dei carichi di lavoro: tutto ciò è avvenuto con la complicità dei sindacati concertativi.

Il 22 marzo è sciopero nazionale in tutti gli stabilimenti Amazon per:

  • 39 ore settimanali per tutti
  • Reali aumenti retributivi
  • No al rimborso dei danni e delle franchigie dei mezzi a carico dei drivers
  • No al controllo ossessivo dei lavoratori attraverso telecamere e satellitari
  • Stabilizzazione dei moltissimi lavoratori precari."