Dopo tre settimane di testimonianze e dibattimenti, la giuria del processo che a New York vede Donald Trump dover rispondere di 34 capi d'imputazione che spaziano dalla frode fiscale al tentativo di manipolazione elettorale si è ritirata per deliberare.
Le accuse contro Trump sono tra le più gravi mai mosse contro un ex presidente. Esse includono la frode fiscale (per l'accusa di aver orchestrato un complesso schema per evadere le tasse attraverso la manipolazione del valore dei suoi beni immobiliari e di altre risorse finanziarie), l'ostruzione alla giustizia (per aver tentato di interferire con le indagini ufficiali cercando di nascondere alcune prove), la violazione delle leggi elettorali (per il tentativo di alterare i risultati delle urne attraverso pressioni indebite sugli addetti al controllo dell'esito del voto).
Secondo la tesi dell'accusa, durante la campagna elettorale del 2015 i collaboratori più stretti di Trump avevano messo a punto una strategia per proteggere il candidato da scandali relativi al suo passato. David Pecker, editore del tabloid National Enquirer, aveva il compito di scovare storie che avrebbero potuto creargli problemi d'immagine e nasconderle ai media.
Tale attività vedeva impegnato anche Michael Cohen, avvocato personale di Trump, da lui incaricato di risolvere i problemi dell'azienda e della famiglia, cui era affidato il lavoro di intermediazione, anche economica.
Cohen sarebbe intervenuto almeno tre volte: per comprare il silenzio del portinaio della Trump Tower, Dino Sajudin, quello della modella di Playboy Karen McDougal e quello di Stormy Daniels, quest'ultimo al centro del processo in corso a New York.
Daniels, che durante la sua testimonianza ha raccontato con dovizia di particolari la relazione avuta con Trump, è stata pagata 130mila dollari da Cohen, che anticipò personalmente la cifra. Lo fece, secondo l'accusa, dopo aver avuto una diretta autorizzazione a procedere da parte di Trump: alcuni mesi dopo, sarebbe stato ripagato con oltre 400mila dollari (cifra aumentata perché soggetta a tasse, che includeva anche un premio arretrato), suddivisi in undici assegni di diverso importo. Il pagamento fu giustificato come spese per consulenze legali, e l'accusa ha presentato come prova centrale della falsificazione alcune annotazioni del responsabile finanziario di Trump che invece indicavano la cifra come rimborso.
La giuria, composta da 12 membri, ha ora la responsabilità di esaminare tutte le prove presentate e di decidere se Trump sia colpevole o meno delle varie accuse, correlate alla vicenda, mosse contro di lui. Data la complessità del caso e il numero di capi d'imputazione, la decisione potrebbe richiedere giorni, se non settimane.
Un verdetto di colpevolezza avrebbe conseguenze gravi non solo per Trump, ma anche per il panorama politico americano. Potrebbe influenzare significativamente la sua ricandidatura alla presidenza e potrebbe avere ripercussioni sul Partito Repubblicano... in positivo o negativo è tutto da vedere! Il condizionale è d'obbligo, perché non ci sono casi simili cui far riferimento.
Fuori dal tribunale, le opinioni della gente rimangono polarizzate. I sostenitori di Trump denunciano il processo come una caccia alle streghe orchestrata dai suoi avversari politici, mentre i suoi detrattori vedono il processo come la possibilità di fare i conti una volta per tutte (ovviamente in senso politico) con un candidato alla presidenza degli Stati Uniti che viene paragonato a un dittatore senza scrupoli, interessato solo al proprio tornaconto personale.