Alla vigilia del Giorno della Vittoria, quando il 9 maggio la Russia celebra la sconfitta della Germania nazista, Vladimir Putin e Xi Jinping si sono incontrati a Mosca per sancire — ancora una volta — un'alleanza che va ben oltre la diplomazia ordinaria. Quasi trenta documenti firmati, una dichiarazione congiunta dai toni duri e una parata militare con il presidente cinese ospite d'onore: Mosca e Pechino vogliono mandare un messaggio chiaro al mondo, in primis agli Stati Uniti, pur senza nominarli esplicitamente.

Il vertice tenutosi oggi al Cremlino ha confermato una linea politica sempre più compatta tra le due potenze. Xi Jinping ha denunciato "unilateralismo e prepotenza egemonica" a livello globale, mentre Putin ha sottolineato che la cooperazione bilaterale "non è diretta contro nessuno", ma serve "a beneficio dei popoli di entrambi i Paesi". Il linguaggio è diplomatico, ma il bersaglio è ovvio: l'ordine mondiale a guida americana è sotto accusa.

I due leader ribadiscono la volontà di costruire un "ordine mondiale multipolare ed equo", sventolando la bandiera del multilateralismo e della sovranità nazionale. E mentre l'Occidente impone sanzioni e promuove alleanze militari, Mosca e Pechino parlano di riforma dell'ONU, di rispetto della Carta delle Nazioni Unite e denunciano apertamente le sanzioni unilaterali, considerate strumenti di competizione sleale.

Il documento congiunto non risparmia critiche neppure al nuovo programma americano "Golden (Iron) Dome for America", definito "profondamente destabilizzante" per il suo potenziale di militarizzazione dello spazio. Russia e Cina propongono un accordo globale per vietare il dispiegamento di armi nello spazio e rivendicano l'uso esclusivamente pacifico delle attività spaziali.

Non manca neppure un riferimento all'equilibrio nucleare: Mosca e Pechino si dicono preoccupate per l'espansione delle alleanze militari occidentali vicino ai confini di potenze nucleari, sottolineando i rischi crescenti di un conflitto atomico e chiedendo di abbandonare definitivamente la logica della Guerra Fredda.

Dal punto di vista economico, l'intesa è più di facciata che di sostanza. Il progetto "Power of Siberia 2", il gasdotto strategico che dovrebbe garantire a Mosca sbocchi alternativi al mercato europeo, resta al palo. Putin parla di un'espansione commerciale bilaterale significativa entro il 2030, ma nei fatti l'accordo si limita a generiche promesse di riequilibrio tecnologico e strutturale degli scambi.

Sul fronte della guerra in Ucraina, la dichiarazione si mantiene sul vago. Russia e Cina chiedono una soluzione politica, il rispetto della sovranità degli Stati e dei principi dell'ONU, ma nessun accenno viene fatto alle responsabilità russe. La linea è chiara: no a un'imposizione militare occidentale, sì a una trattativa che tenga conto dei "legittimi interessi di sicurezza" di tutte le parti.

Infine, Xi e Putin rinnovano l'intesa anche sul piano mediorientale, riaffermando il sostegno alla soluzione dei due Stati per il conflitto israelo-palestinese e a un processo di pace in Siria fondato su sovranità e integrità territoriale.

In sintesi, quello andato in scena a Mosca non è solo un vertice bilaterale, ma una dichiarazione di intenti geopolitica. L'asse sino-russo si presenta come alternativa al modello occidentale, con un'agenda che combina difesa strategica, cooperazione economica e critica all'egemonia americana. Il mondo multipolare di cui parlano Xi e Putin, però, appare ancora più come un progetto di contrapposizione che come una reale proposta di equilibrio globale.