Nel corso del 2024 il mercato giapponese ha mostrato una crescita significativa nella domanda di prodotti agroalimentari di alta gamma, con una particolare attenzione a quelli biologici e certificati. In questo contesto, l’olio extravergine di oliva italiano si è affermato come uno dei protagonisti più dinamici, raggiungendo un valore di export pari a circa 130 milioni di euro. Un dato che non va letto solo in termini quantitativi: la crescente preferenza del consumatore giapponese per questo prodotto riflette un orientamento verso alimenti che uniscano salubrità, tracciabilità, sostenibilità e coerenza culturale.

A spingere la domanda non è solo l’interesse gastronomico, ma un sistema di consumo ben definito, in cui si distinguono due gruppi principali: da un lato, i consumatori premium, attenti alla qualità e disposti a pagare prezzi elevati per formati piccoli e confezioni eleganti, spesso pensati come regali o per un consumo personale raffinato; dall’altro, i professionisti della ristorazione, sempre più interessati a varietà DOP e monocultivar italiane, selezionate per la loro adattabilità alla cucina locale. Non è raro infatti trovare oli italiani utilizzati in piatti tradizionali come il sashimi o in interpretazioni moderne della cucina giapponese.

I canali di distribuzione che sostengono questa crescita sono molteplici. L’e-commerce rappresenta un punto di accesso fondamentale, con piattaforme come Rakuten e Amazon Japan in prima linea nella promozione di prodotti importati. A questo si affianca l’Horeca di fascia alta, dove l’olio italiano è apprezzato per la sua capacità di valorizzare ingredienti pregiati. 

Particolarmente rilevante è poi il canale del regalo, noto come omiyage, profondamente radicato nella cultura nipponica, che premia le confezioni curate e i marchi riconoscibili.

L’Italia, in questo scenario, gode di alcuni vantaggi competitivi evidenti. La qualità riconosciuta del prodotto, l’associazione culturale all’eccellenza agroalimentare e la varietà regionale delle cultivar sono elementi distintivi che rafforzano il posizionamento del nostro Paese. 

Tuttavia, non mancano i punti critici. Sul fronte dei prezzi, la Spagna mantiene una maggiore competitività, soprattutto nei segmenti base. Inoltre, molti produttori italiani non hanno ancora adeguato il profilo sensoriale dei propri oli ai gusti del consumatore giapponese, che tende a preferire sapori più delicati e meno piccanti. Anche la distribuzione soffre di una presenza ancora poco strutturata, con carenze logistiche e una rete commerciale da potenziare.

Per affrontare con efficacia questo mercato, le imprese italiane devono lavorare su più fronti. Innanzitutto, occorre sviluppare linee di prodotto mirate, con blend studiati appositamente per la cucina giapponese. Le certificazioni rappresentano un altro passaggio fondamentale: per essere competitivi è quasi imprescindibile ottenere sia quella europea (EU Organic) che quella locale (JAS). Il packaging deve rispondere a criteri estetici e funzionali, specialmente per l’e-commerce e il segmento regalo, mentre la distribuzione va affrontata con partner esperti e una presenza attiva alle fiere settoriali più rilevanti, come la Japan Food Export Fair o l’Expo Osaka 2025. 

La comunicazione, infine, deve essere gestita da professionisti del mercato giapponese: buyer, sommelier dell’olio, food writer e canali locali. Evitare l’autoreferenzialità e adottare un linguaggio coerente con i codici culturali giapponesi è cruciale per il successo.

Le prospettive, in ogni caso, sono favorevoli. L’Expo 2025 di Osaka rappresenta una piattaforma strategica per consolidare la visibilità del Made in Italy agroalimentare. In parallelo, eventi come l’Agriculture Week e premi settoriali come il Japan Olive Oil Prize offrono occasioni concrete per costruire relazioni con buyer qualificati e opinion leader. 

Anche il comparto digitale promette risultati, grazie alla continua espansione dell’e-commerce alimentare in Asia orientale, che richiede però una presenza strutturata, localizzata e supportata da logistica efficiente.

Il Giappone si configura quindi come un mercato maturo, selettivo e ad alto valore aggiunto, in cui l’olio EVO biologico italiano ha tutte le carte per affermarsi. Tuttavia, per farlo è necessario un approccio tecnico, non improvvisato: servono analisi di mercato, adeguamento dei prodotti, comunicazione mirata e costruzione di una rete commerciale solida.

In sintesi, non è più il tempo dell’esplorazione: oggi servono strategie concrete. Le imprese che sapranno muoversi con metodo potranno ottenere risultati misurabili in tempi brevi. Quelle che rimangono ferme rischiano di perdere terreno in un contesto che sta evolvendo rapidamente.


Fonti: Coldiretti, ISMEA, Intesa Sanpaolo, Export.gov.it, Japan External Trade Organization, WineNews.