VIAGGI MILLENNIAL - Burkina Faso!
Perdurava il mio interesse per l'Africa. Poiché sostenevo a distanza un ragazzino del Burkina Faso, mi si offre l'occasione per andarci ( a mie spese, s'intende). Da ragazzi, per via di quello che ci raccontavano i libri di geografia, lo consideravamo la periferia sfigata del mondo, ma qualcosa mi ha sempre legato a quel paese, dove ambientai il mio primo libro. Sono un po' burkinabé anch'io, dopotutto.
Quel piccolo stato senza sbocco al mare, a stento conosciuto da chi si interessa un po' alle vicende africane per l'eroica figura dell'ex Presidente Thomas Sankara, rivoluzionario utopico ammazzato a 37 anni dopo una breve gestione autarchica del paese e feroce nemico del colonialismo, per quanto ne so è rientrato nell'orbita francese e vive di aiuti esterni. Sankara è morto nel 1987, tutto qui il risultato per chi se ne è liberato? Al potere c'è ininterrottamente, da allora, il suo più stretto collaboratore, subentrato subito dopo l'assassinio...
Attraversando quelle piste rosse o anche la stessa inadeguata capitale Uagadugu,( niente dittonghi, e per brevità diciamo Uaga) i pensieri si affollano. A me questo posto è sempre passato sotto il naso, da un'interrogazione al mito di Fausto Coppi che vi fece il suo ultimo viaggio nel lontano 1960, quando ancora si chiamava Alto Volta: questo vero e proprio "paese delle due ruote" (rari i mezzi pubblici e le auto, pochi i camminatori, quasi solo le "vélo", la bicicletta, e motorette) non ha mai perso d'interesse ai miei occhi.
So che a molti non fa piacere che si rimarchi la miseria, ma siamo nel 2013 e certe situazioni dovranno pur finire, alla svelta, mi dico. Certo, da occidentale in preda a nostalgie decadenti, vedere villaggi fermi al precolonialismo, senza luce né gas, qualche pozzo per l'acqua, stuoie per dormire, zebù in libera uscita, insomma sarà anche fascinoso se cerchi l'esperienza antropologica mezzo Blixen e mezzo Bacchelli, ma non è ammissibile ciò che oggi ancora persiste.
Vorrei parlare di tante altre cose, per esempio la gentilezza dei locali, i loro sorrisi, nonostante manchi molto o quasi tutto, ma sarebbe retorica buonista; l'imbarazzo di un'accoglienza di quelle che si riservano ai reali, il voler ricambiare i loro grazie (barkà, barkà, in lingua "samo", parlata nella zona dove abitano i nostri ragazzini), le continue domande a chi ne sa di più, perché questo e perché quello, perché la scuola tutta a pagamento, perché pochi o niente ospedali, perché , perché, perché.
E che dire di uno dei pochi luoghi di villeggiatura dei vip burkinabé, al lago artificiale di Loumbila, con la gioventù "dorata" di Uaga che beve ai tavoli (qualcuno potrebbe essere parente di un ministro, mi informano). La vedi e ridi per non piangere: meno male ( per loro) che i maggiorenti se ne volano in Costa Azzurra, altrimenti riesce difficile entusiasmarsi per una piscina o due giochi per bambini che in Europa trovi nel parchetto di periferia.
La festa offerta da noi alla locanda (il Burkina è multireligioso, ma la domenica è alquanto rispettata) è stata una sorpresa, i nostri ragazzi non erano mai saliti su un'auto, perlomeno non per un tragitto del genere... Hanno trascorso il pomeriggio a giocare, invece che al solito: le femmine, a badare ai fratellini più piccoli, i maschi a pascolare il bestiame, che è poi quello che comunque devono fare anche se paghi loro gli studi, non garantiti nemmeno a livello elementare, dallo Stato. Mi chiedo sempre più spesso se ciò che in buona fede crediamo di fare, cioè il bene di quelle genti, non sia invece solo un alibi per incentivare l'inerzia statale.