Che il nostro paese abbia ormai da diversi anni perso quel suo centralismo nel Mediterraneo che veniva riconosciuto anche internazionalmente, è cosa risaputa e le cui colpe sono senza dubbio da dividere tra i vari governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni.

La perdita di quella centralità sul cosiddetto Mare nostrum, come spiega benissimo nel suo saggio omonimo Marco Valle, parte dalla constatazione che si sia persa colpevolmente quella cultura del mare, che è fondamentale per una nazione come la nostra, soprattutto in un mondo sempre più interconnesso come quello attuale.

Ecco allora che proprio un governo di centrodestra e nazionalista come quello della Meloni, nel suo discorso di investitura ha voluto evidenziare questo fatto ed ha promesso una sorta di nuovo “piano Mattei” per l’Africa, che possa restituire al nostro paese quel ruolo di mediazione e di collettore tra Europa ed Africa, sia per la naturale collocazione geografica e sia per un passato che ci ha visto sempre in prima linea nella zona del Maghreb e del corno d’Africa.  

Ma cosa vuol dire in realtà la premier quando parla di “piano Mattei” per l’Africa, un continente dalle mille risorse e mille contraddizioni, che ancora non riesce a risolvere per il persistente tentativo da parte delle varie superpotenze (quelle coloniali europee prima e quelle russe, turche e soprattutto cinese ora).

Nel corso del suo intervento in Parlamento la premier ha citato espressamente il grande ed illuminato presidente dell’Agip: “Nel sessantesimo anniversario della sua morte l’Italia ricorda oggi Enrico Mattei, tra i protagonisti della ricostruzione post-bellica e della politica industriale nazionale. Un grande italiano che ha contribuito a fare dell’Italia una potenza economica e sul piano internazionale, promuovendo una nuova visione strategica e di sviluppo fondata sul progresso, sulla crescita reciproca e sulla collaborazione tra le Nazioni”.

Ed ancora il nostro capo del governo ha preannunciato: “Credo che l’Italia debba farsi promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo”.

Ecco allora che il viaggio che la premier sta svolgendo in queste ore in Algeria, partner strategico del nostro paese da anni, è il primo passo id questo progetto ambizioso che cerca di dare risposte a due questione urgenti come quelle delle forniture energetiche e quella dei migranti africani che sbarcano sulle nostre coste sempre più numerosi. In tema di energia l’interlocutore numero uno è ormai l’Algeria, che a dicembre ha coperto addirittura il 40% del nostro fabbisogno di gas, con un balzo di oltre il 10% in un anno. Il gas algerino ha soppiantato quello russo, nostro fornitore oggi per appena l’8,6%. Nell’attenzione verso il grande Paese nordafricano c’è una linea di continuità con il governo Draghi e la benedizione del Quirinale. 

Meloni s’inserisce quindi nel solco di Draghi, puntando a rafforzare sempre più il ruolo dell’Italia come hub energetico, in grado di distribuire forniture al resto d’Europa. Non a caso la premier è accompagnata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Ma l’intenzione è quella di consolidare ancor più la partnership, allargandola ad altri campi, e per questo alla missione partecipa pure il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi. Oggi verrà addirittura firmato un accordo in campo aerospaziale.

Ma ad Algeri la premier parlerà anche sicuramente della questione migranti (così come il ministero degli esteri che è andato in missione a Tunisi) per creare quel connubio tra il nostro paese e i paesi del Maghreb, che rappresentano i paesi di partenza dei migranti.

L'obiettivo è quello di arrivare al Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio prossimo, con in mano una prima bozza d'accordo con questi paesi da spendere con gli altri leader europei, che sulla questione migranti sembrano sempre più brancolare nel buio. Il nostro paese insomma mira a ristabilire quella centralità nella zona che ha perso da alcuni anni e che ha permesso a Putin ed Erdogan di allargare la loro influenza sulla zona, con tutto quello che questo comporta per noi e per l'Europa tutta.