“Cambiare l'Europa è possibile! Dopo la contrarietà del Governo Meloni all'eurofollia green che avrebbe bloccato le auto a diesel e benzina dal 2035, contro cui già ci eravamo battuti in Europarlamento, altre Nazioni come la Polonia, la Bulgaria e la Germania hanno seguito la linea italiana costringendo al rinvio del voto. E’ una misura troppo ideologica, un massacro per imprese e famiglie. Ora la Commissione ritiri la proposta e si torni a lavorare sul per una soluzione davvero sostenibile, per l'ambiente ma anche per la nostra economia!”
Così ha commentato l'eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza all’indomani della decisione della commissione europea di rinviare a data da destinare il voto sulla decisione assai controversa di divieto di immatricolazioni in Europa di auto a diesel e benzina entro il 2035. Una decisione che poteva assestare un colpo decisivo a tutto il mercato dell’auto europea, a tutto vantaggio di produttori americani e asiatici, che mai hanno solo pensato ad un simile drastica decisione.
Il nostro paese è stato uno dei primi ad opporsi a questa decisione, e dietro di lui subito sono sembrati Polonia e repubblica ceca, ma decisivo è stata la decisione di Berlino, il cui ministro dei Trasporti, Volker Wissing, ha assicurato il sostegno al collega italiano Matteo Salvini, che sembra aver aperto un dialogo preferenziale con il suo omologo tedesco e a cui forse va il maggior merito di questa decisione.
Anche se per berlino la situazione è ancora controversa dal momento che la maggioranza che sostiene il governo è appoggiata da Verdi e Fdp, oltre alla Spd del cancelliere, e avrebbe richiesto maggior tempo per trovare una linea comune. Ma lo stesso leader dell’Fdp, Christian Lindner, ha dichiarato che l’obiettivo è far sì che «auto a combustione interna possano essere vendute nel Paese dopo il 2035».
Condivisione a Salvini sul tema della neutralità tecnologica è arrivata poi dal ministro della Repubblica Ceca, Martin Kupka.
La Meloni stessa in una dichiarazione su facebook ha rivendicato il ruolo decisivo dell’Italia su questo rinvio da parte dell’Europa:
“Un successo italiano», ha scritto la premier, convinta che “è giusto puntare a zero emissioni di CO2 nel minor tempo possibile, ma va lasciata agli Stati la libertà di percorrere la strada che reputano più efficace e sostenibile”.
Il nostro paese, infatti, è stato il primo ad opporsi e a convincere Polonia e repubblica ceca a fare lo stesso, ora il ruolo della Germania è decisivo per far mancare la maggioranza del 65%, quota necessaria all'approvazione del provvedimento.
“L’Italia ha svegliato l’Europa - ha commentato il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che giovedì a Bruxelles aveva avuto scambi sul dossier con vari colleghi -. Mi auguro che ora ci sia una riflessione comune per una competitività sostenibile anche nel settore automotive”.
La questione, come sostiene il governo italiano, non è tanto legata all'utilità di riduzione delle emissioni di Co2, ma al modo in cui arrivarci, che dovrebbe essere graduale e deciso sulla base delle esigenze e delle caratteristiche di ogni singolo paese. Lo stop alle auto nuova a diesel e benzina avrebbe per il nostro paese, messo a rischio circa 60.000 posti di lavoro, secondo le stime di Confindustria.
“L'industria automobilistica dell'Ue è inequivocabile e pienamente impegnata ad affrontare il cambiamento climatico il più rapidamente possibile, lavorando con tutti i partner. Sta facendo del suo meglio per investire massicciamente nell'elettrificazione, costruire la catena del valore verticale, mantenere i posti di lavoro e aiutare l'Ue a rimanere competitiva. Con l'inflazione in aumento e il prezzo delle batterie in aumento per la prima volta in oltre un decennio, l'accessibilità economica rischia di diventare un ostacolo maggiore nella transizione verso emissioni zero. I responsabili politici devono quindi affrontare anche le emissioni della flotta esistente di veicoli su strada”.
E’ stato il commento di un portavoce dell'Associazione europea dei produttori di automobili (Acea).