Politica

Salvini dice che a lui e alla Lega la mafia fa schifo. Alcune inchieste, a partire da quella di Domani, sembrano dimostrare altro...

"Le inventano tutte pur di fermare la Lega, roba da matti. Il 3 ottobre stravinceremo le elezioni in Calabria, col voto di tantissima gente onesta e orgogliosa di essere calabrese. La mafia ci fa schifo!"

Questo è stato il commento con cui, sul proprio profilo social Matteo Salvini, segretario della Lega, ha liquidato l'esclusiva a firma di Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi pubblicata da Domani con il titolo: Lega, la ‘ndrangheta vota il partito di Salvini: ecco le intercettazioni inedite.

Il giornale riassume così quanto pubblicato:

Nei giorni in cui Salvini era in tour in Calabria per festeggiare la vittoria alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, gli investigatori antimafia erano alle prese con le loro innumerevoli inchieste sui clan. Soprattutto, ascoltavano le voci di 'ndranghetisti e affiliati registrate da cimici e dai virus informatici, i trojan. Un'intercettazione più di altre ha colpito l'attenzione dei detective.

Un presunto narcotrafficante dice di avere votato per il candidato della Lega espressione di quel territorio: Domenico Furgiuele. E aggiunge di essersi recato nell'abitazione del fratello del politico «il giorno prima che venisse Salvini». L'intercettazione letta da Domani risale al 20 marzo 2018, diciassette giorni dopo il voto delle politiche, e 72 ore dopo l'arrivo di Salvini in Calabria.

Il segretario della Lega aveva scelto questa regione per festeggiare il risultato nazionale: oltre il 17% dei voti, un boom elettorale che interessa per la prima volta anche il Sud e che gli permetterà di diventare forza di governo con i 5 Stelle. Il 17 marzo Salvini si era recato prima a Lamezia Terme, la città di Furgiuele, diventato il primo deputato leghista della storia eletto in Calabria, e poi a Rosarno. Anche lì al suo fianco, c'era il fedele Furgiuele.

Ma ci sono anche altri documenti ottenuti da Domani che svelano la vicinanza di altri personaggi «legati ai clan» che hanno sostenuto la Lega in Calabria e sono pronti a votarla anche alle prossime regionali.

Documenti giudiziari inediti che permettono di ricostruire tre anni di relazioni  della Lega tra Catanzaro e Reggio Calabria. Carte che rivelano una rete di personaggi sospettati di essere vicini, o persino organici, alla 'ndrangheta, e che sembrano assai vicini alla dirigenza calabrese della Lega.

Le opacità sui voti della Lega in Calabria non si limitano alle passate elezioni politiche, ma riguardano anche le prossime regionali del 3 e 4 ottobre: verbali segreti di pentiti, fotografie che documentano la vicinanza al partito di uomini legati da parentele o in affari con i clan (in alcuni casi presenti a incontri del partito a ridosso delle elezioni europee del 2019 e delle ultime regionali 2020).

Ma siamo sicuri  che tutto questo sia una novità?

Nel luglio 2018 lo stesso Giovanni Tizian, titolava così un articolo su L'Espresso firmato insieme a Stefano Vergine: I rapporti della Lega con uomini vicini alla 'ndrangheta. E in occhiello dichiarava: «È finita la pacchia per i mafiosi», ripete Salvini. Ma i documenti ottenuti da L'Espresso dimostrano che il responsabile del Carroccio a Rosarno, dove il ministro ha registrato un risultato record alle ultime elezioni, è stato per anni in società con uomini legati alle cosche.

Ma non è finita qua. 

Dopo le ultime politiche, un'inchiesta di Report, dimostrava come la Lega di Salvini stesse sistematicamente arruolando i collettori di voti calabresi che prima erano alle "dipendenze"  di Forza Italia. Collettori di voti in una regione dove la 'ndrangheta ha i propri feudi e dove il do ut des del voto di scambio ha permesso di proteggerli e rafforzarli. Per uno che vuole spacciarsi come politico anti-mafia non è un gran biglietto da visita.

Inoltre, sempre Report, ha dimostrato come la Lega, al di là di ciò che dica Salvini, non pare aver preso le dovute distanze dalla 'ndrangheta persino in Lombardia, come ci ricorda l'inchiesta Mogli, camici e cavalli dei paesi tuoi.

A questo punto siamo sicuri che possa esser sufficiente dire "la mafia ci fa schifo" per dimostrare che il proprio partito non abbia rapporti con la criminalità organizzata e non dare spiegazione alcuna sui contenuti delle inchieste giornalistiche sopra elencate che, invece, fanno intendere scenari del tutto diversi?

È vero... qualunque partito può essere infiltrato dalle mafie, perché la criminalità organizzata ha nel suo DNA la necessità di avere rapporti stretti con la politica... è una questione di sopravvivenza. Ma proprio per questo i partiti e coloro che li guidano dovrebbero essere i primi a voler fare massima chiarezza in relazione a possibili infiltrazioni mafiose.

E per farlo non è per nulla sufficiente dire "La mafia ci fa schifo!"

Autore Gino Tarocci
Categoria Politica
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