Dietro allo scandalo dei camici del cognato di Fontana, Report ha scoperto un sistema di potere che da anni farebbe il bello e il cattivo tempo in Regione Lombardia: appalti truccati, nomine pilotate e infiltrazione della ‘ndrangheta. 

«Con interviste e documenti esclusivi l’inchiesta fa luce su nuovi e inediti conflitti di interesse del governatore Fontana. Viene ricostruita inoltre la presunta rete di corruzione messa in piedi tra Varese e Milano da una delle eminenze grigie più potenti della Lombardia: un politico di altissimo profilo, detto il Mullah, legato a Marcello Dell’Utri e consigliere di Attilio Fontana nella formazione della giunta regionale. In questo scenario la ‘ndrangheta avrebbe trovato terreno fertile. Deciderebbe giunte comunali, nomina sindaci e non sente più alcun bisogno di nascondersi».

Questa l'introduzione di Report al servizio "Mogli, camici e cavalli dei paesi tuoi", realizzato dal suo giornalista Giorgio Mottola e mandato in onda lunedì.

Quello che ne viene fuori è un quadro della Lega, in Lombardia, del tutto diverso da quello di un partito dedito solo agli interessi del popolo. Magari tali interessi verranno pure rappresentati, ognuno avrà la sua opinione in merito, ma in base a quanto si è visto lunedì alcuni degli esponenti di primo piano della Lega sembra che prima di quelli della comunità si adoperino a fare i loro di interessi.

Mottola ha iniziato il servizio con la vicenda camici, ricordando a noi distratti ascoltatori, tramite testimonianze e dichiarazioni, che i suoi protagonisti (il presidente della regione Fontana, la moglie e il genero) non sarebbero vittime di un qui pro quo legato ad una donazione al tempo della Covid, quanto gli artefici di un'affannata rincorsa nel tentare di far passare come donazione una fornitura alla Regione da parte dell'azienda di famiglia, che forse avrebbe dovuto essere assegnata tramite gara e non direttamente.

Alla richiesta di chiarimenti in merito alla vicenda, descritta in tutti i suoi dettagli con date e dichiarazioni di protagonisti e testimoni, il presidente Fontana ha replicato con la solita minaccia di querela.

Ma l'attività di Fontana pro domo sua non sarebbe finita qua. Oltre ad aver permesso che la figlia avvocato rappresentasse tramite il proprio studio legale gli interessi di alcuni ospedali lombardi, quando era sindaco di Varese ha votato una delibera del Comune per trasformare da agricoli a edificabili dei terreni intestati alla figlia. Pare che il voto di Fontana sia stato determinante per il cambiamento di destinazione d'uso.

Naturalmente anche in questo caso, contattata da Report, la figlia di Fontana invece di fornire chiarimenti ha "anticipato" querele.

Finito qua? Per la famiglia Fontana parrebbe di sì, ma c'è da aggiungere una coda che riguarda la famiglia Giorgetti, il braccio destro di Salvini.

La moglie di Giorgetti, fino a un paio di anni fa, gestiva una scuola di equitazione in quel di Varese, poi chiusa per mancanza di requisiti. Pazienza. Ma quello che ha suscitato maggiori perplessità nell'inviato di Report è il fatto che l'attività venisse svolta nell'ippodromo di Varese senza pagare neppure un centesimo di affitto, perché l'amministrazione comunale leghista glielo aveva concesso in comodato d'uso gratuito.

Giorgetti non ha voluto rilasciare chiarimenti al riguardo.


La ciliegina sulla torta offerta da Report è arrivata poi facendoci sapere chi  avrebbe "suggerito" ad Attilio Fontana i componenti della sua giunta in Regione Lombardia.

«Chi vota - sostiene Report - pensa che chi venga eletto vada in assemblea a rappresentarlo. Ma il presidente della Regione Lombardia avrebbe un consigliere occulto: Nino Caianiello, detto il "mullah", considerato dai pm il regista della nuova Tangentopoli lombarda. Un uomo temuto da tutti, perché "Non si muove foglia, che Nino non voglia".»

In sostanza, secondo Report, a nominare Gallera, ad esempio, non è stato Fontana, ma "il mullah". E poi c'è chi sostiene che i leghisti siano islamofobi! 


Per la Lega nessun chiarimento è dovuto. Questo, invece, è il commento di Fontana al servizio di Report:

«Il giornalismo di inchiesta è sinonimo di libertà di espressione a condizione che si fondi su verità e non ceda a sterili mistificazioni o peggio a teorie complottiste.Per l'ennesima volta, in concomitanza con l'aggravarsi della crisi pandemica in Lombardia, mi sono ritrovato destinatario di incredibili accuse e autonome ricostruzioni con lo scopo di creare imbarazzo nel partito che rappresento, nella mia famiglia, nella mia persona.Sessanta interminabili minuti di trasmissione sulla terza rete di Stato in cui nell'ordine viene visto un mio gesto di generosità, compiuto con la leggerezza di chi non ha nulla da nascondere per mantenere in equilibrio i rapporti familiari, come escamotage per coprire una operazione di favoritismo andata male; si esamina al microscopio la carriera di mia figlia al fine di attaccare 800,00 euro di parcella, senza tener conto che gli elenchi dei legali accreditati presso un Ente soggiacciono a principi di trasparenza, controllo e turnazione che sono stati sempre osservati.Una valutazione del patrimonio ereditato oltre ad una vecchia vicenda descritta in chiave complottistica e degna dei peggiori film di spionaggio afferente il Comune di Varese e comunque già favorevolmente giudicata dalla magistratura e per di più infarcita da Report con palesi menzogne.Infine l'apoteosi della malvagità, il vile tentativo di coinvolgere il mio nome alla ndrangheta e tangenti parlando di mappa del potere in Lombardia. Una insinuazione gravissima gratuita e di inaudita scorrettezza.Una brutta pagina di televisione, una brutta pagina di ricostruzioni artefatte, l'ennesimo vile attacco ad una Giunta solida impegnata oggi più che mai a fronteggiare una pandemia letale.Se questo è tutto, torno al lavoro più motivato di prima e più ricco della solidarietà che mi è giunta in queste ore».

L'intero servizio di Report può essere visto a questo indirizzo: 
www.rai.it/programmi/report/inchieste/Mogli-camici-e-cavalli-dei-paesi-tuoi--0b7f8a90-9958-4fab-a3b6-47ce512554cb.html