Stefano Chiappelli, segretario generale del SUNIA (sindacato unitario inquilini e assegnatari), lo aveva dichiarato già lo scorso 24 aprile, con una nota pubblicata sul sito web del sindacato inqulini:
«Con la conversione in legge del Decreto “Cura Italia”, sulle problematiche abitative il provvedimento contiene due ulteriori novità introdotte nel testo del maxi emendamento approvato dal Senato: un prolungamento della sospensione degli sfratti sino al 1 settembre 2020, nel testo originario era previsto il 30 giugno, inoltre con due emendamenti all'articolo 65 sono adottate modalità più rapide per la ripartizione delle risorse del fondo di sostegno all'affitto per il 2020 (60 milioni) e per la morosità incolpevole 2020 (9,5 milioni), con un intervento diretto dei Comuni nella gestione unificata delle risorse.Ovviamente queste misure, unitamente all'intervento sui mutui e alla detrazione dei canoni delle locazioni commerciali da parte del conduttore, sono importanti ma parziali e non affrontano i nodi complessi degli effetti della crisi sugli inquilini, sui lavoratori e sugli studenti fuori sede, con le perdite improvvise di redditi, che rendono impossibile per molti il pagamento dell'affitto in questi mesi.Il Decreto convertito in legge non ha affrontato questi temi, cioè la necessità indifferibile di un intervento urgente a favore di chi è stato colpito da questa crisi e che rischia lo sfratto per morosità: occorrono misure di sostegno per almeno 300 milioni di euro, unificare i fondi di sostegno all'affitto e sulla morosità incolpevole, attivare subito procedure rapide di domanda e versamento dei contributi direttamente al proprietario, incentivare con misure fiscali ed economiche la rinegoziazione dei canoni di locazione per favorire accordi di riduzione del canone e il passaggio dal contratto libero a quello concordato, tutelare gli studenti fuori sede e le loro famiglie e i lavoratori fuori sede che vivono drammatiche situazioni anche a seguito delle inevitabili restrizioni».
A conferma che il tema non è certo irrilevante, l'articolo a firma di Nedo Lombardi, pubblicato oggi su il manifesto, in cui si parla delle difficoltà di pagare l'affitto di casa anche da parte di inquilini che abitano nella ricca città di Bologna.
Questa è testimonianza di Mario, 28 anni che abita in un palazzo del quartiere Bolognina: «Pagare l'affitto? Lo farei anche, ma sul conto corrente in questo momento ho solo 100 euro. Mi occupavo di comunicazione come freelance, il lavoro c'era e a marzo avrei dovuto aprire la partita Iva. Invece è arrivato il virus».
Le offerte sono evaporate, i committenti hanno congelato i pagamenti, e così il suo conto corrente si è prosciugato in un baleno. E così Mario, insieme agli altri inquilini del palazzo in cui abita - cinque piani, ognuno con tre appartamenti - ha deciso di aderire al "rent strike", lo sciopero dell'affitto causa coronavirus: ottocento euro circa di canone per ogni appartamento, quasi dodicimila euro al mese per tutto l'edificio.
Una scelta politica la loro - scrive il manifesto - perché rivendicata pubblicamente e con una lettera collettiva alla proprietà, ma sopratutto una necessità, visto che arrivare a fine mese è sempre più difficile. Nei 14 appartamenti che hanno deciso di smettere di pagare (uno non ha accettato) vive uno spaccato della generazione ultraflessibile e precaria. C'è un giardiniere disoccupato con in tasca una laurea in agraria, un tatuatore, un'educatrice precaria, ci sono lavoratori del settore dello spettacolo, musicisti e insegnanti, esperti di comunicazione. Tutti o quasi travolti dal lockdown, che li ha chiusi in casa e ha tagliato loro le entrate. Contratti a chiamata, prestazioni occasionali, lavoretti in nero. ...
«A inizio pandemia abbiamo realizzato che nella fase due per noi non ci sarebbe stato nessun ritorno alla normalità», spiega un abitante del palazzo. Così a inizio aprile tutti gli inquilini hanno inviato una raccomandata alla proprietà, una società immobiliare con sede a Roma, e hanno avviato la trattativa chiedendo la sospensione dell'affitto almeno fino alla fine della crisi. Il dialogo è aperto. Gli inquilini resistenti, sbarcati su facebook con la pagina RentStrike Bolognina, chiedono lo stop alle rate per "oggettiva impossibilità al pagamento e per causa non addebitabile al locatore".»
La protesta, visibile più di altre, mette in risalto un problema che, purtroppo, è comune anche in molte altre città in tutta Italia, "anche se il palazzo in sciopero dell'affitto a Bologna è al momento forse l'iniziativa più visibile".
I sindacati degli inquilini hanno lanciato l'allarme e chiedono sul problema un intervento concreto del Governo. Giovedì 30 aprile, davanti a Palazzo Chigi i movimenti per la casa, supportati dall'Unione Sindacale di Base, terranno una conferenza stampa alle ore 12.
"Nell'ambito della settimana di mobilitazione dal 25 aprile al 1° maggio e dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sull'ultimo DPCM - scrive in una nota l'USB - riteniamo necessario esprimere la nostra assoluta contrarietà alle misure predisposte per la cosiddetta Fase 2. Misure che prevedono solo regole di riapertura dell'attività produttiva e commerciale senza delineare percorsi di tutela economica oggi indispensabili per milioni di persone, in particolare per gli abitanti delle periferie che già prima di questa crisi vivevano in condizioni di difficoltà.Intendiamo esprimere liberamente il dissenso su processi di contenimento sociale in assenza di strumenti adeguati di natura economica, in grado di sostenere le nuove morosità degli affitti e il disagio causato da un impoverimento diffuso e da un reddito precario, inadeguato o inesistente.Rispettando le norme sanitarie sul distanziamento sociale, esporremo le ragioni di milioni di persone sull'orlo di una crisi profonda o già in grave difficoltà, una situazione non risolvibile con misure temporanee come i bonus dettati dall'emergenza. Alzando anche i toni sul modo in cui è stata distrutta e privatizzata la sanità pubblica causando anche il disastro avvenuto in Nord Italia e non solo, così come vogliamo stigmatizzare le indebite pressioni alla ripartenza di Confindustria e Confedilizia, senza la cura necessaria per la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori.Anche le forme di costrizione, accentuate dalla chiusura delle scuole, possono diventare elemento carico di tensione se permane l'indeterminatezza di orizzonte per tutte le famiglie con bambini piccoli e per tutti quei giovani alle prese con un'esperienza davvero inaspettata e stressante. La precarietà diviene in questo modo ancora di più stile di vita inaccettabile e il peso della crisi sociale ed economica rischia di diventare un'ipoteca sul futuro delle giovani generazioni e sull''effettività del diritto allo studio.Anche per queste ragioni porteremo la nostra voce sotto le finestre del Consiglio dei Ministri. Lo faremo osservando il distanziamento necessario e usando presidi sanitari adeguati. Consideriamo anche questa nota stampa come comunicazione formale per l'autorità giudiziaria."
Quanto riportato dimostra quali saranno problemi e difficoltà che italiani e Governo si troveranno ad affrontare, non solo nei prossimi giorni, ma anche nelle prossime settimane.