Avvenne nella notte tra il 3 e il 4 giugno di 30 anni la strage di piazza Tienanmen dove fu repressa nel sangue la protesta degli studenti che a Pechino chiedevano non la fine del comunismo o la caduta del regime, ma la possibilità di una maggiore partecipazione alla vita pubblica e più diritti.

Era il 27 aprile del 1989 quando gli studenti di 40 università si riversarono su quella piazza insieme a operai, funzionari pubblici, intellettuali. Questo il manifesto pubblicato a metà del mese di maggio 1989:

«In questo caldo mese di maggio, noi iniziamo lo sciopero della fame. Nei giorni migliori della giovinezza dobbiamo lasciare dietro di noi tutte le cose belle e buone e Dio solo sa quanto malvolentieri e con quanta riluttanza lo facciamo.Ma il nostro paese è arrivato a un punto cruciale: il potere politico domina su tutto, i burocrati sono corrotti, molte brave persone con grandi ideali sono costrette all'esilio. È un momento di vita o di morte per la nazione. Tutti voi compatrioti, tutti voi che avete una coscienza, ascoltate le nostre grida. Questo paese è il nostro paese.Questa gente è la nostra gente. Questo governo è il nostro governo. Se non facciamo qualcosa, chi lo farà per noi? Benché le nostre spalle siano ancora giovani ed esili, e benché la morte sia per noi un fardello troppo pesante, noi andiamo. Dobbiamo andare. Perché la storia ce lo chiede. Il nostro entusiasmo patriottico, il nostro spirito totalmente innocente, vengono descritti come "elementi che creano tumulto".Si dice che abbiamo motivi nascosti o che veniamo usati da un manipolo di persone. Vorremmo rivolgere una preghiera a tutti i cittadini onesti, una preghiera a ogni operaio, contadino, soldato, cittadino comune, all'intellettuale, al funzionario di governo, al poliziotto e a tutti quelli che ci accusano di commettere crimini. Mettetevi una mano sul cuore, sulla coscienza. Quale sorta di crimine stiamo commettendo? Stiamo provocando un tumulto? Cerchiamo solo la verità ma veniamo picchiati dalla polizia.I rappresentanti degli studenti si sono messi in ginocchio per implorare "democrazia". Ma sono stati totalmente ignorati. Le risposte alle richieste di un dialogo paritario sono state rinviate e ancora rinviate. Che altro dobbiamo fare? La democrazia è un ideale della vita umana, come la libertà e il diritto.Ora, per ottenerli, noi dobbiamo sacrificare le nostre giovani vite. È questo l'orgoglio della nazione cinese? Lo sciopero della fame è la scelta di chi non ha scelta. Stiamo combattendo per la vita con il coraggio di morire. Ma siamo ancora dei ragazzi. Madre Cina, per favore, guarda i tuoi figli e le tue figlie. Quando lo sciopero della fame rovina totalmente la loro giovinezza, quando la morte gli si avvicina... puoi rimanere indifferente?»

Dopo un mese di pacifica occupazione il regime decise lo sgombero della piazza ricorrendo all'esercito e ai carri armati. Fu un massacro di cui ancora oggi si ignorano le dimensioni, in termini di vittime, e su cui ancora oggi Pechino si guarda bene dal fare chiarezza, considerando quell'evento ancora una specie di tabù.

Infatti, ogni anno, già nelle settimane che precedono il 4 giugno, la macchina della propaganda cinese, tra algoritmi e funzionari, si mette in moto per ripulire il web da qualsiasi riferimento a quel massacro che, oggi, il regime definisce un incidente.

Un "incidente" che convinse però il partito comunista a fare alla popolazione maggiori concessioni, ma solo dal punto vista economico. In relazione a democrazia, libertà di parola e rispetto dei diritti umani la Cina, da allora, non ha fatto passi avanti... anzi, secondo l'opinione di esperti, manifestare in Cina sarebbe più difficile adesso rispetto a quanto non lo fosse 30 anni fa.

Molti degli studenti che scamparono al massacro furono arrestati, mentre altri fuggirono dal Paese, e non hanno fatto più ritorno.

Una curiosità. L'immagine simbolo di quegli eventi fu quella di uno studente che mentre teneva nelle mani due sacchetti della spesa ostacolò il passaggio di una colonna di carri armati, opponendosi ogni volta al carro in testa che cercava di evitarlo cambiando la direzione di marcia.

Un gesto eroico che 10 anni dopo, nell'aprile del 1998, la rivista Time ha premiato includendo il rivoltoso, di cui ancora oggi non conosciamo il nome, nella lista di persone che più di altre hanno influenzato il XX secolo, senza però dimenticare che, nell'occasione, gli eroi furono due. Bisogna, infatti, includere chi, alla guida del carro armato, si rifiutò di falciare lo studente e si affacciò dalla torretta, iniziando a dialogare con lui.

Un eroe che, in base ad una recente miniserie realizzata da una tv britannica, per quanto avrebbe fatto sarebbe poi stato giustiziato.