Cronaca

Assistenza domiciliare indiretta: diritti negati e costi alle stelle

Si è concluso oggi l'iter giudiziario per il caso del malato che si è visto ridurre da 26 a 6 le ore di assistenza domiciliare, nonostante soffra di atrofia muscolare spinale e costretto sulla sedia a rotelle,  (fonte Corriere Roma)

Dopo 18 anni di assistenza domiciliare indiretta (voucher di 26 ore) si è ritrovato obbligato alla assistenza diretta erogata dal Consorzio Valle del Tevere per sole 6 ore gestite dalle associazioni appaltanti.
E, nonostante lo sciopero della fame messo in atto dall'assistito per riavere l'assistenza indiretta, il TAR non ha potuto altro che rinviare la competenza al Sistema Sanitario regionale.

Eppure, parliamo dei "bisogni primari", quelli essenziali per la vita dell'essere umano, quelli che se non vengono soddisfatti è impossibile continuare a vivere. (fonti Henry Murray - "Thematic Apperception Test" - 1938 ;  Abraham Maslow - "Motivation and Personality" - 1954)

Quelli che "il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge" secondo l'articolo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Come è potuto accadere che una persona con atrofia muscolare spinale e costretto sulla sedia a rotelle perda il diritto ai voucher e si ritrovi con poche ore di assistenza settimanale su 168 che la compongono?

Iniziamo col sottolineare che i Comuni e i loro consorzi dovrebbero prendere atto che il criterio a se bastante è la "grave invalidità" e le graduatorie non dovrebbero escludere o ridurre attribuendo solo ad alcuni la situazione di "disabilità gravissima" che secondo la legge e secondo la medicina NON esiste.
Anche in inglese "very severe" è usato molto raramente e si riferisce alla gravità della patologia, non della disabilità.

Ad esempio, un disabile considerato gravissimo è un malato grave che ha necessità di avere l'accompagnamento, perché non è in grado di deambulare da solo o non è in grado di compiere gli atti normali della vita quotidiana senza assistenza continua?

Ad esempio, un malato considerato gravissimo con disabilità grave è colui che ha necessità di avere assistenza continua 24 ore su 24, perché l'interruzione della quale, anche per un periodo molto breve, può portare a complicanze gravi o alla morte?

Oppure dovrebbero essere ambedue ad essere riconosciuti 'invalidi gravissimi' e con una diversa priorità tra di loro?

Solo la valutazione multidimensionale può dirci i criteri o le priorità e soprattutto solo un ente indipendente può certificarle.
Una attestazione sanitaria (seppur estesa e completa) non è a questo finalizzata e comunque non è sufficiente.
Nè soprattutto non dovrebbe limitare o valutare chi ha interesse diretto, che sia advocacy dei malati o sia ente sociale erogante.

Allo stato attuale, infatti, solo alcuni Comuni con i relativi Consorzi individuano la distinzione tra invalidi gravi e gravissimi come requisito per la formazione di una graduatoria per l'accesso alla assistenza.
Non le Regioni, non lo Stato, non l'INPS.

Allo stesso modo, riguardo la precedenza per Fascia ISEE, fin dal 2016 il Consiglio di Stato ha escluso il calcolo del reddito ai fini ISEE almeno per l'accompagno che serve a "compensare una oggettiva e ontologica situazione di inabilità che provoca di per se disagi e diminuzione della capacità reddituale."

Intanto, i budget locali che non riescono più sostenere il volume di assistenza domiciliare diretta del passato, anche perché spesso viene spesa per due terzi in costi gestionali e solo per un terzo in servizi effettivi.
Paradossalmente, diventa sempre più difficile per gli assistiti ottenere i voucher per l'assistenza indiretta che, viceversa, consiste esclusivamente in servizi effettivi e contributi da lavoro vari.

Questo accade anche perchè le Regioni non hanno sufficientemente legiferato ad hoc per cui Advocacy e Magistratura non hanno modo per sentenziare tali arbitrarietà dei Consorzi.

Aggiungiamo, infine, che il dover provvedere esclusivamente con assistenti patentati, è un giusto obbligo delle amministrazioni pubbliche come è una irragionevole imposizione nel caso di assistenza indiretta con erogazione di un voucher.
Ed oggi, se il riconoscimento del caregiver familiare è un diritto che spetta anche a chi fosse semianalfabeta, non c'è davvero più alcuna ragione per imporre che il voucher sia speso dotandosi a caro prezzo di un assistente domiciliare patentato, specialmente se l'esigenza riguarda gli atti normali della vita quotidiana  che  è in grado di garantire anche un semplice conoscente di fiducia purchè siano pagate tasse e contributi.

Senza parlare del fatto che la valutazione multidimensionale finora è rimasta non definita nè istituita con propri criteri e prende ancora il nome di un non meglio precisato Piano di Vita.
E, soprattutto, invece che al caos dei criteri e alla discrezionalità dei nostri enti locali , da anni potremmo servirci del metodo più equo e neutrale, cioè del Monitoraggio eseguito dai sistemi informativi si fonda sulle Tassonomie, cioè Definizioni e Relazioni.

L'alternativa a tutto questo terribile viatico è quella della riforma del sistema della assistenza domiciliare, istituendo una qualificata Valutazione Multidimensionale ed attribuendo ad un ente terzo indipendente (INPS?) definizioni, criteri, risorse.

La soluzione non è certamente quella di difendere il sistema deformante in vigore fino ad oggi, 

Intanto, in questo conflitto tra chi del "sociale" ne fa una professione e chi ne fa una 'dedizione', mentre oggi come oggi le Regioni non hanno uno strumento univoco per dirimere, giusto nel mezzo resta il malato bisognoso di assistenza del quale la Macchina  riconoscebbe esigenze e diritti (grazie alla sua tassonomia), mentre l'Amministrazione locale  confonde e misconosce (con criteri senza definizioni).
Anzi, talvolta addirittura nega.

Autore italianblogger
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