“Papabili, ite. Missa pro eligendo est”. Con queste parole solenni si è aperto giovedì 8 maggio, alle ore 16:30, il Conclave che porterà all'elezione del 267esimo Pontefice della Chiesa cattolica. I 133 cardinali elettori hanno varcato le porte della Cappella Sistina per iniziare le votazioni, ma a colpire, più delle ipotesi sui papabili, è stata l'assenza: quella di Papa Francesco. Nell'omelia che ha preceduto l'ingresso in Sistina, pronunciata dal Decano del Collegio cardinalizio Giovanni Battista Re, nessun accenno diretto al Pontefice regnante fino a ieri. Nessuna citazione, nessuna linea di continuità. Solo silenzio. Un dettaglio che, in Vaticano, raramente è casuale.
Dopo la fumata nera di ieri, che ha confermato l'assenza di un consenso maggioritario, le votazioni riprendono oggi con quattro scrutini: due nella mattinata e due nel pomeriggio. Le finestre orientative per le fumate sono fissate intorno a mezzogiorno e dopo le 19, a meno che l'elezione non arrivi prima. Nei giorni successivi, se non si raggiunge l'accordo, si procederà con due fumate al giorno: una verso le 12, l'altra attorno alle 17:30. L'elezione avverrà solo quando un cardinale riceverà almeno due terzi dei voti, ossia 89 su 133.
Come da tradizione, ogni scheda votata viene bruciata in una stufa installata nella Sistina. Dal 2005, per evitare ambiguità nella colorazione, si utilizzano additivi chimici: per la fumata nera si mescolano perclorato di potassio, antracene e zolfo; per la bianca, lattosio e clorato di potassio.
Tra i nomi in corsa per il soglio di Pietro, spicca quello del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, che secondo indiscrezioni sarebbe entrato in Conclave con un solido pacchetto di 52 voti. Uomo di diplomazia e di apparato, Parolin è il candidato “di sistema”, ma non necessariamente quello della discontinuità.
Parallelamente, stanno guadagnando terreno profili più pastorali e internazionali. Uno è quello di Jean Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, noto per la sua attenzione alle periferie esistenziali, ai migranti e al dialogo interreligioso. Un altro nome in ascesa è quello del cardinale Robert Francis Prevost, statunitense, con un passato da missionario in Perù. Due candidati molto diversi tra loro, ma entrambi interpreti di una Chiesa che cerca nuove vie.
Guardando ai conclavi precedenti, il tempo medio per eleggere un Papa si aggira tra i due e i tre giorni. Paolo VI fu eletto nel 1963 dopo quattro fumate. Giovanni Paolo I salì al soglio pontificio nel 1978 al quarto scrutinio, così come Giovanni Paolo II, eletto alla quarta fumata tre giorni dopo l'inizio del Conclave. Più rapido fu il conclave del 2005: Benedetto XVI venne eletto il secondo giorno, al quarto scrutinio. Papa Francesco, invece, fu scelto al quinto scrutinio il 13 marzo 2013, dopo due giorni.
Se il prossimo Papa sarà il continuatore del pontificato di Francesco o il segno di una svolta lo diranno le urne (e la fumata bianca). Ma il fatto che, nel giorno più solenne della Chiesa, il nome di Bergoglio sia stato omesso, fa pensare a un cambiamento di linea, di stile, di visione ecclesiale. La domanda ora non è solo “chi sarà il Papa”, ma anche “che Chiesa guiderà”. E quella risposta, per ora, resta chiusa tra gli affreschi di Michelangelo.
Poco prima delle 12 di questo giovedì, una nuova fumata nera dal camino della Sistina ha informato i fedeli in piazza San Pietro e quelli davanti alle tv che ancora non si è raggiunta l'unanimità sul nome di un nuovo pontefice.