La strage nelle Rsa della Lombardia: il considerevole ritardo della Regione nel capire e affrontare l'emergenza
L'Istituto Superiore di Sanità, in seguito al contagio da Covid-19, ha redatto una guida con le indicazioni per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV- nelle strutture residenziali sociosanitarie (Rsa). L'ultimo aggiornamento risale al 16 marzo 2020.
Nella regione Lombardia, in base ai decessi degli anziani ospiti nelle Rsa ed in base alle testimonianze degli operatori sanitari, i dirigenti che le gestivano pare, purtroppo, che la abbiano del tutto ignorata... fin dalle prime avvisaglie di possibili focolai all'interno di singole residenze, come è possibile capire dalla testimonianza di un'operatrice socio sanitaria ripresa dall'Agi: "Il 23 febbraio è stato il mio ultimo giorno al Pio Albergo Trivulzio. Sono stata cacciata perché mi sono rifiutata di togliere la mascherina che, secondo una dirigente, allarmava i pazienti".
Secondo quanto riporta Repubblica, gli ispettori del ministero della Salute che hanno avviato una propria inchiesta su quanto accaduto nelle Rsa della Lombardia, nella loro relazione preliminare avrebbero dichiarato che "non si può sottacere una certa inerzia, sia dei vertici dell’Agenzia di tutela della salute, sia del Pio Albergo Trivulzio che, pur consapevoli della fragilità dei pazienti e della necessità di proteggere loro e gli operatori sanitari, si sono attivati con considerevole ritardo", confermando implicitamente la testimonianza riportata in precedenza.
Non solo. Quando lo scandalo delle Rsa lombarde è scoppiato nella sua enorme evidenza, è venuta alla luce anche la testimonianza del professor Luigi Bergamaschini, geriatra al Pio Albergo Trivulzio: «A fine febbraio ci poniamo il problema di utilizzare le mascherine. Ci rispondono che non ce ne sono. Chi riesce se le procura. E io ovviamente, ignorando i rimproveri, ne autorizzo l’impiego».
Il professor Bergamaschini, va ricordato, viene allontanato dal Trivulzio, salvo poi essere reintegrato prima della fine del mese di marzo, quando oramai la situazione era fuori controllo.
Sempre secondo Repubblica, da parte della sanità lombarda "le azioni di contenimento indicate dal ministero della Salute non sono state applicate in maniera tempestiva e hanno seguito un doppio binario a due velocità", citando il rapporto degli ispettori del ministero.
In cosa consiste il doppio binario? "Mentre si concentravano le energie sugli ospedali lombardi, nelle Rsa non sembra si sia creato un raccordo rapido e il massimo sforzo che sarebbe dovuto avvenire anche per le caratteristiche di fragilità dei pazienti ricoverati"... fino alla decisione di dirottare verso quindici residenze per anziani private i malati di Covid-19 dimessi dagli ospedali, guariti ma ancora positivi al test".
Una decisione che può aver contribuito a moltiplicare la proliferazione del virus, perché nessuno ha poi controllato che quelle strutture fossero in grado di garantire l’isolamento dei pazienti.
E che cosa ha detto il presidente della regione, Attilio Fontana, al riguardo? La regione Lombardia non ha colpe perché ha seguito le indicazioni dei tecnici... come se i tecnici fossero spuntati come i funghi, grazie alla stagione, e qualcuno non li avesse nominati o scelti!
Un cinismo, quello dei vertici della regione Lombardia, che fa ancora di più indignare perché alle evidenti mancanze, con relative responsabilità, non ci si preoccupa di limitare i danni ormai, in parte, irrimediabili, ma si cerca di nascondere il problema, ostentando un iperattivismo nella gestione della crisi da Covid, con una sequela di annunci fini a se stessi, inutili (perché in gran parte riguardano competenze governative), propagandistici e, oltretutto, persino contraddittori.