La propaganda del cambiamento per non far accorgere agli elettori che nulla è cambiato
Il tribuno del popolo, Luigi Di Maio, ha annunciato, naturalmente su Facebook, che il prossimo provvedimento cui dovranno sottostare i conti dello Stato per il 2019 non si chiamerà legge di bilancio, ma manovra del popolo!
Almeno qualcosa di certo così lo sappiamo su una legge che, secondo voci di corridoio, vede ancora contrapporsi Lega e 5 Stelle da una parte e ministro dell'Economia dall'altra.
Il nodo è il deficit, da cui dipendono gran parte delle promesse elettorali delle due forze politiche. Tria questa mattina, in base a quanto da lui dichiarato partecipando ad un evento di Confcommercio, sembrava poco propenso ad alzare la soglia del deficit oltre il 2%, mentre Salvini e Di maio punterebbero almeno ad un 2,4%. Per questo, nel CdM previsto per domani, in cui vi sarà la stesura definitiva della nota di aggiornamento al Def, si prospettano "scintille".
E d'altra parte, Lega e 5 Stelle hanno bisogno di qualcosa di concreto da offrire ai loro elettori, oltre agli annunci di provvedimenti messi in lista di attesa e dati come già fatti, ma ancora da approvare. Tra questi, quello che più di altri attira l'attenzione dei media, è il decreto Genova che ancora continua a non arrivare al vaglio di Mattarella che, in base alla nuova scadenza, dovrebbe riceverlo per giovedì. In caso contrario, gli sfollati del Ponte Morandi hanno minacciato di andare a protestare davanti a casa di Grillo.
Ma è grazie a questa scarsezza di risultati che tutto viene amplificato dalla propaganda del Governo, per voler far sembrare all'opinione pubblica che il poco che è stato fatto sia invece molto, cercando così di farci credere che Pollicino sia grosso tanto quanto Gargantua e Pantagruele messi assieme.
E tanti sono gli sforzi in tal senso, soprattutto da parte di Luigi Di Maio, che finisce per apparire persino patetico. Così, nel giro di pochi minuti, ha utilizzato la sentenza in cui la Consulta boccia un articolo del Jobs Act come conferma del successo del decreto dignità che però di tale articolo non parlava affatto, e la nomina a presidente della Rai di Marcello Foa come un successo che riporterebbe la meritocrazia all'interno della tv pubblica!
Ma chi è è che si prende la briga di dire a Di Maio come stanno le cose? Foa è divenuto presidente perché la Lega ha ottenuto il via libera per il voto in commissione dei rappresentanti di Forza Italia dopo che Salvini ha fornito a Berlusconi, la scorsa settimana, le garanzie che lui voleva avere sulla prossima legge di bilancio in merito a provvedimenti annunciati che, se approvati, avrebbero potuto intaccare il fatturato delle controllate Fininvest.
E l'entusiasta Di Maio, dopo questo mercato che costringerà il suo partito ad accettare i diktat di Berlusconi, ci viene a parlare di cambiamento e di meritocrazia in relazione alla nomina di Foa che, da parte sua, è così preparato e adatto al nuovo incarico che stamani sui social ha annunciato l'appuntamento odierno definendolo non come "audizione" davanti alla Commissione di Vigilanza Rai, ma come "deposizione".
Un lapsus che è tutto un programma... Rai.