Rispetto al minimo storico registrato lo scorso 20 dicembre quando la lira turca  ha perso oltre il 60% del suo valore rispetto al dollaro, la quotazione della valuta è risalita, recuperando nel fine settimana parte del suo valore.

Questo però non ha inciso sulla crisi economica della Turchia, dove l'inflazione  ha superato il 20%, interessando anche i prezzi di beni primari, a partire da quelli degli alimentari.

Nonostante ciò per i vicini bulgari e persino greci, con i rapporti tra i due Paesi che non sono certo idilliaci, fare shopping in Turchia è un affare. Così, la città turca di Edirne, capoluogo dell'omonima provincia e distante pochi chilometri dal confine con Grecia e Bulgaria, è praticamente presa d'assalto da greci e, soprattutto, bulgari che acquistano, quasi compulsivamente, cibo, carburante e articoli per la casa. Il rapporto di cambio della lira con lev ed euro è sempre più che conveniente.

Infatti, nonostante il recupero della lira nell'ultima settimana, la valuta turca quest'anno ha perso quasi il 40% del suo valore, a causa dell'insistenza di Erdogan di aver voluto voler mantenere bassi i tassi di interesse (attualmente si attestano comunque al 14%) sui titoli del debito sostenuto da un'economia da tempo in recessione. Con il suo programma economico, Erdogan vuole facilitare l'accesso al credito mantenendo basso - per quanto possibile - il costo del denaro, per favorire produzione ed esportazioni.

Intanto, però, i turchi fanno lunghe file per acquistare il pane, il cui prezzo, per loro, è spaventosamente alto e nonostante gli appelli di Erdogan non ci sono segnali che i prezzi diminuiscano mentre, almeno ad Edirne, i commercianti turchi fanno festa, per essere invasi dai bulgari che acquistano qualsiasi cosa... una specie di rivincita dopo quasi cinque secoli di dominazione ottomana.