Abbasso l’uomo, evviva la macchina!
Politicamente parlando, vorrei aggiornare alcune mie riflessioni attorno all'intelligenza artificiale e all'automazione, che riassumiamo nella sigla RPA/AI (Robotic Process Automation e Artificial Intelligence). Ne ho parlato l'altro ieri in un articolo, ma tempo fa avevo fatto un discorso un po’ più ampio dal titolo: Siamo tutti mantenuti!
La RPA/AI ha i suoi costi. Nel sistema economico bizzarro e globale tutto è privatizzato, inclusa la ricerca che necessita di fondi ingenti, e poi naturalmente va ripagata. Ma in realtà questo incide per una minima parte, poiché il resto è regolato dall’altra stravagante legge domanda/offerta; infine abbiamo la parte più cospicua che consiste nel cosiddetto “affare”. Se qualcosa diventa ghiotto, o potenzialmente tale, il prezzo sale, sale molto. A prescindere.
Sono bizzarrie che non può permettersi qualunque paese, o qualunque azienda che in quel paese non sappia fare bene i conti valutando con rigore e lungimiranza il rapporto rischi/benefici. L’ostacolo non è solo il prezzo per accedere alla sostituzione dell’uomo con la macchina, ma anche norme eventualmente sfavorevoli, limiti, balzelli, arretratezze, ostacoli psicologici.
Dopo aver soppesato con scrupolo queste variabili, e averle comparate con salari, contratti, diritti, rischi e politiche statali, sulla forza lavoro di origine umana, l’azienda potrebbe dire: «Ma chi me lo fa fare?!».
Immaginate se in Cina o in India, piuttosto che in Bangladesh, con i loro bassi rischi e un costo di manodopera anche ridicolo, si sognassero di automatizzare più di tanto l’industria manifatturiera. E con quel “più di tanto” intendiamo il minimo di robotica che coadiuva la forza lavoro umana per massimizzare la produzione, non certo per alleviare fatiche e diminuire rischi o - addirittura - sostituire l’uomo.
Con le dovute e marginali eccezioni, laddove l’uomo costa ancora molto meno della macchina, verrà ancora usato l’uomo. Ma a ben vedere la macchina non potrebbe mai costare più dell’uomo. Perché come abbiamo visto prima i costi della macchina sono solo artificiosi e legati al business del suo sviluppo; mentre esulano completamente dalla sua costruzione e messa in opera a regime, dove diventa un insieme di istruzioni ed eventuali parti in movimento, al prezzo una tantum della sua costruzione, manutenzione e riparazione.
Pensereste mai che un’automobile, anche la più evoluta che ci sia, possa costare più di una vita umana?
Se anche sull’uomo volessimo calcolare costi simili, già pensando allo sviluppo di ciascun individuo dovremmo immaginare una sorta di “premio ingaggio”, per gli anni che ha passato nell’educarsi, istruirsi, imparare il mestiere, fare la gavetta. Senza contare che l’uomo costa senz’altro di più per le sue molteplici esigenze costanti e non certo una tantum: orario di lavoro molto limitato, malattia, ferie, permessi, pensione, e via dicendo.
Quindi, anche se è davvero difficile pensare che qualunque tecnologia RPA/AI possa essere più costosa dell’uomo stesso, in tanti paesi al mondo è purtroppo così. E non può esserci che una spiegazione: l’uomo è trattato da schiavo!
Abbiamo scoperto la solita acqua calda.
In effetti tutto quello che si denuncia in questa particolare epoca origina da situazioni sgradevoli, assurde ma consolidate, di cui dovremmo essere ampiamente consapevoli. Ma a quanto pare non è ancora abbastanza per fare il passo successivo e cambiare tendenza.
Ad ogni modo, ciò a cui tenevo rispetto all’aggiornare il pensiero indicato all’inizio, riguardava la mia declamatoria che feci in quel frangente, concludendo che:
Non serve più l'uomo in tanti lavori e professioni perché l'uomo stesso ha percorso questa strada. E' l'inarrestabile esigenza di migliorarsi ed evolvere, per quanto sia chiaro che a qualunque rivoluzione consegue un'assimilazione psicologica (collettiva) che quasi sempre richiede più tempo della scoperta in sé. [...] Tutto ciò che non ha legami con il “cogito ergo sum!”, come le attività strettamente intellettuali, filosofiche, empatiche, creative, è rimpiazzabile.
La parte in grassetto è purtroppo relativa, e non l’avevo chiarito bene. Dobbiamo infatti tenere presenti queste altre osservazioni che abbiamo fatto e che dovrebbero farci meditare sulla considerevole porzione di umanità alla quale non sono garantiti diritti, costi di sviluppo e dignità nelle mansioni. Sicché questa rivoluzione in atto di RPA/AI non ritarderà solo per i ristagni psicologici che sicuramente esistono, ma in massima parte perché la macchina è già stata elevata a qualcosa di più nobile e costoso rispetto all’uomo stesso che l’ha creata, per affrancarsi da certi lavori.
Non dobbiamo nemmeno temere lo Skynet cinematografico. Ci abbiamo già pensato noi a farlo primeggiare.
L’Italia non è certo la parte meno esposta verso quest’altra formidabile deriva. Tutt’altro, perché da noi il costo del lavoro è alto solo per ragioni tossiche ma abbastanza ridicolo rispetto al posizionamento “evoluto” di cui maldestramente ci fregiamo. Anche i diritti sono ampiamente devastati. Un commentatore su facebook scriveva queste parole: «In Italia i sindacati hanno accettato tutto: stipendi da fame, assunzioni brevissime, pensioni a 67 anni. Siamo gli schiavi d’Europa, e ci lasciano lavorare, senza robot, perché costiamo meno».
Mi pare riassuma egregiamente il concetto.
Tuttavia, le aziende italiane vivrebbero anche un contesto differente, proprio perché il costo del lavoro umano rimane alto anche se il lavoratore prende le briciole, per effetto di tasse, previdenza, burocrazia e rischi (29 euro/h, in quasi perfetta media europea). Quindi sarebbe tutto sommato semplice investire e convertire ampi settori alla RPA/AI, mandando tranquillamente il paese in fallimento per effetto del buco occupazionale che si creerebbe e del conseguente crollo delle entrate per lo Stato.
Un fallimento inevitabile, però, solo in un’ottica di conversione di massa e di conservazione delle attuali politiche ridicole di lavoro ed economia. E’ tutto un po’ ridicolo, se ci pensate bene; abbiamo mezzi alternativi da valutare e introdurre pian piano, ma continuano a piacere gli schiavi umani. Non solo alla politica terrorizzata dall’intervenire in un mondo che è radicalmente cambiato, ma anche alle stesse aziende che piangono “lacrime e sangue” dicendo sempre di non farcela, perché gli schiavi diventano sempre più esigenti.
Mah! Chissà come finirà questa battaglia tra uomo e macchine. Per ora stanno vincendo loro, le macchine. Mi pare evidente.
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