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Milan- Juventus, Fonseca e i carri del vincitore

Ci siamo, lo 0 a 0 di sabato sembra aver di nuovo legittimato le critiche al progetto tecnico rossonero. Del resto che tra striscioni, bandiere e cori da stadio non si annidi sempre il massimo dell’equilibrio non dovrebbe stupire più di tanto. Si elogia la squadra per una vittoria, ma ci si rimangia tutto al primo insuccesso.

Si assiste a questo ping-pong tra l’entusiasmo e la disperazione, dove l’uno o l’altro sentimento sono basati esclusivamente sull’ultimo risultato della squadra. 

E alla prima vittoria, quelli che – a loro dire – la squadra l’hanno sempre sostenuta, si scagliano contro i detrattori dando loro dei tifosi occasionali e tirando fuori proverbiali “carri del vincitore”.

 

Al di là di questo atteggiamento, insito per certi versi nell’essere tifosi, è doverosa una distinzione. Le critiche al progetto Milan, non dovrebbero essere soggette all’andamento delle singole partite. Sarebbe più opportuno chiedersi in che modo le decisioni dirigenziali – dalla scelta dell’allenatore in poi – possano risultare efficaci per costruire un progetto vincente nel lungo periodo. 

Se alla dirigenza rossonera si critica la mancanza di un progetto valido, come possono dei singoli risultati – che sia quello del derby o quello di Madrid – cambiare le carte in tavola?

Sarebbe opportuno sviluppare uno spirito critico verso le proprietà delle squadre che sia indipendente dai risultati sul campo (che nel caso del Milan, non sono neanche così rosei) e che sia legata più alla possibilità di riportare la squadra ad essere competitiva a livello nazionale ed internazionale.

Se la scelta di Fonseca denotava la carenza di un progetto vincente e appariva più come un navigare a vista speranzosi di imbroccare il giusto pertugio per ottenere la seconda stella, la prospettiva dovrebbe cambiare solo per aver ottenuto tre punti in una partita importante?

Il giudizio sull’amministrazione di una squadra dovrebbe mantenere una sua coerenza nella gioia o nel dolore, in caso di vittoria o di sconfitta. 

La vera prova del nove che una società calcistica deve affrontare non riguarda la singola partita. Il suo compito è quello di costruire fondamenta solide per un progetto che porti il club a conseguire i successi che la tifoseria si aspetta.

E per fare questo non servono singoli risultati, buoni solo per essere sventolati in faccia a chi viene percepito come troppo critico. Servono operazioni di mercato, scelte tecniche mirate, un settore giovanile competitivo, tutte cose che – con il rendimento nelle singole gare – c’entra ben poco.

 

 

 

 

 

 

 

Autore Federico Manghesi
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