Nell'Aprile del 2016, l'allora parlamentare europeo e segretario della Lega Nord Matteo Salvini, sul caso Regeni, commentava che l'inchiesta portata avanti dall'Egitto era un farsa e che l'Italia era senza attributi.


Nel giugno del 2018, diventato parlamentare, vicepremier, ministro dell'Interno e segretario della Lega, intervistato dal Corriere, Salvini fa questa dichiarazione su quello che lui definisce "problema Regeni: Comprendo bene la richiesta di giustizia della famiglia di Giulio Regeni. Ma per noi, l’Italia, è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l’Egitto."


Il 18 luglio, poco più di un mese dopo dalle parole sopra riportate, Salvini va in Egitto e incontra il presidente Al Sisi e altri esponenti del governo di quel Paese per riallacciare una collaborazione tra Italia ed Egitto che è strategica e fondamentale. Inutile chiedersi del perché un ministro dell'Interno si debba occupare di questioni che dovrebbero competere al presidente del Consiglio, dato che dovrebbe essere tuttora in carica.

Quello che sorprende è il primo punto che Salvini dice di aver discusso con Al Sisi: l'inchiesta su Giulio Regeni.

"Chiarezza e giustizia sono state promesse sull'omicidio di Giulio Regeni, e chiarezza e giustizia verranno fatte, in tempi rapidi, per la famiglia ma per tutto il popolo italiano."


Sulla vicenda Regeni, Salvini ha cambiato idea tre volte. Due negli ultimi 30 giorni, dichiarando prima che il caso era solo una questione privata dei familiari di Giulio Regeni, mentre successivamente (e giustamente) la stessa vicenda tornava ad essere un caso nazionale che riguarda tutto il popolo italiano.

L'unica spiegazione logica della "coerenza" di cui Salvini ha fatto sfoggio può esser data dal fatto che governare, per lui, voglia dire non tanto fare ciò che è giusto o ritiene giusto, ma dare ai suoi (possibili) elettori quello che si aspettano da lui... al di là che convenga o meno agli interessi del Paese.