Esteri

Erdogan si rifà al nazionalismo per affrontare la crisi economica in Turchia

Ad affossare la già di per sé traballante economia turca ci ha pensato lo "spensierato" presidente americano con il solito tweet che, per colpire ed abbattere qualsiasi "nemico", ormai può essere considerato più efficace di un missile da crociera Tomahawk.

In base all'articolo 232 della legge che regola il commercio degli Stati Uniti, Donald Trump, per motivi di sicurezza nazionale, ha dichiarato di aver autorizzato di raddoppiare i dazi sulle importazioni di alluminio e acciaio dalla Turchia, portandoli rispettivamente al 20% e al 50%.


Una decisione che dal punto di vista dei mercati ha avuto conseguenze pesantissime sulla Turchia - come anche su molti titoli di aziende quotate che con la Turchia hanno relazioni economiche importanti - alle prese con una crisi economica per la cui risoluzione non c'è sintonia d'intenti tra vertici dello Stato e Banca Centrale.

L'inflazione del Paese sta galoppando e i titoli di Stato a un anno vengono venduti a un tasso di interesse del 21%, così da meritare la definizione di titoli spazzatura.

Solo oggi, la lira turca è arrivata a perdere fino al 18% nella quotazione contro il dollaro per poi risalire leggermente, chiudendo a 6,42, quando a inizio anno per acquistare un dollaro erano invece sufficienti 3,77 lire turche.

In caduta libera anche la borsa turca che in chiusura ha però limitato le perdite.

Erdogan, in un comizio tenuto a Bayburt, città nel nord-est del Paese, si è rivolto ai turchi invitando chiunque fosse in possesso di oro e dollari ad andare in banca per scambiarli in lire.

In pratica, Erdogan ha fatto appello al nazionalismo turco per addossare la responsabilità dell'attuale crisi economica in cui versa il Paese, che si sta ingigantendo e che dura da mesi, agli Stati Uniti.

Ma gli ormai famosi, se non famigerati, mercati non vivono in Turchia, non votano per Erdogan e, tantomeno, non si fanno intimorire dal fatto che nel Paese abbia instaurato una vera e propria dittatura. Per loro conta ciò che un Paese fa per uscire dalla crisi e quello che Erdogan ha fatto finora non è stato gradito, come nominare ministro delle Finanze Berat Albayrak, suo genero!

La decisione di Trump è stata semplicemente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una decisione motivata dai non buoni rapporti che in questo momento caratterizzano i due Paesi, anche a causa del fatto che un cittadino americano, Andrew Brunson, è sotto processo ad Ankara con l'accusa di terrorismo.

Ma non deve neppure essere considerata fanta-politica la possibilità che la scelta di Trump di aumentare i dazi sia stata voluta per punire Erdogan per la sua politica anti Israele e le sue dichiarazioni contro Netanyahu ed il suo governo.

In ogni caso, la crisi economica turca, qualunque siano le sue implicazioni, certamente non gioverà a rendere meno esplosiva l'attuale situazione in medio oriente.

Autore Marco Cantone
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