Il conteggio dei voti delle elezioni presidenziali in Iran ha visto affermarsi come vincitore Hasan Rouhani con il 57% dei voti, mentre Seyed Ebrahim Raisi si è piazzato secondo con il 38,5% delle preferenze. Come previsto alla vigilia, la lotta era esclusivamente tra questi due candidati. Comunque, per la cronaca, gli altri contendenti in lizza, Seyed Mostafa Aqa Mir Salim e Seyed Mostafa Hashemi Taba, rispettivamente, hanno ottenuto la terza e quarta piazza.

I riformisti hanno vinto contro i conservatori, dando fiducia a Rouhani per un secondo mandato. Rouhani ha costruito la sua vittoria promettendo nuove opportunità economiche per i giovani iraniani, giustizia sociale, libertà individuali e tolleranza politica.

In pratica un programma probabilmente irrealizzabile, visto che coloro che sono vicini alla massima autorità religiosa del paese, l'Ayatollah Ali Khamenei, sostenevano Ebrahim Raisi, un giudice che ha condannato a morte migliaia di detenuti politici.

Pertanto, al di là delle sue migliori intenzioni, Rouhani si dovrà scontrare con le forze che nel paese non vogliono alcun cambiamento, e specialmente in senso liberal democratico. E questo non solo per motivi religosi. Come spesso accade, anche nei regimi si creano privilegi e favoritismi che possono essere mantenuti solo se la situazione politica rimane immutata.

Difficile credere, ad esempio, che le Guardie Rivoluzionarie possano pensare di veder ridimensionato il loro potere e, soprattutto, il loro impero commerciale. Da capire, però, in che termini opererà l'opposizione e, soprattutto, su quali fronti.

Infatti, per poter impedire o limitare qualsiasi cambiamento all'interno del Paese, gli oppositori di Rouhani - e le Guardie Rivoluzionarie in primo luogo - potrebbero adoperarsi per impegnare militarmente l'Iran in Siria, nel nord dell'Iraq o in altre zone calde del medioriente come mezzo di promozione e propaganda per acquistare consensi nell'opinione pubblica iraniana, oltre a limitare le risorse finanziare per investimenti di politica interna.

Quella di Rouhani, pertanto, sarà una sfida ancor più impegnativa rispetta a quella del precedente mandato.