Dopo qualche ora sono arrivate le reazioni all'accordo commerciale (definito impropriamente di pace) tra Israele ed Emirati Arabi. Netanyahu, non avendo il senso della vergogna, e neppure quello del limite, ha equiparato l'accordo con gli emiratini con quelli che Israele ha siglato con Egitto e Giordania, dimenticando però che la questione palestinese non è certo prioritaria nel documento, oltre al fatto che né l'Olp né le fazioni palestinesi sono state coinvolte nelle trattative.

Che cosa hanno detto i palestinesi? 

Per Hamas l'accordo è "una flagrante violazione dei nostri diritti religiosi, nazionali e storici. È una pugnalata alle spalle del popolo palestinese e un tentativo disperato di influenzare negativamente il percorso di resistenza che mira a sconfiggere l'occupazione israeliana e ripristinare i diritti dei palestinesi.Questo accordo viola il consenso arabo e islamico, mina la sicurezza nazionale del mondo arabo e sfida la volontà delle nazioni arabe e islamiche che supportano la questione palestinese e difendono i diritti ai luoghi sacri islamici e cristiani.Questa mossa è l'ultima di un percorso di comportamenti scorretti da parte dei governanti degli Emirati che non guadagneranno altro che vergogna per quello che hanno deciso, poiché prima o poi si renderanno conto che sostituire l'alleanza araba con l'occupazione israeliana è un suicidio politico".

Non meno dure le parole dell'Autorità Nazionale Palestinese: "La leadership palestinese ha espresso il suo rifiuto in toto dell'accordo israelo-emiratino mediato dagli Stati Uniti per stabilire la piena normalizzazione delle relazioni tra l'occupazione israeliana e gli Emirati Arabi Uniti, descrivendo l'accordo come un'aggressione al popolo palestinese".

Questo è quanto ha dichiarato alla TV palestinese Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente Mahmoud Abbas.

"La leadership palestinese rifiuta ciò che hanno fatto gli Emirati Arabi Uniti e lo considera un tradimento di Gerusalemme, della moschea di Al-Aqsa e della causa palestinese. Questo accordo è un riconoscimento de facto di Gerusalemme come capitale di Israele".

L'ANP ha respinto anche qualsiasi collegamento tra il congelamento da parte di Israele del suo piano di annessione illegale e qualsiasi normalizzazione delle relazioni con gli Emirati Arabi Uniti, mettendo in guardia il resto dei paesi arabi dall'inchinarsi alle pressioni americane e dal seguire le orme degli Emirati Arabi Uniti.

"Né gli Emirati, né altre parti hanno il diritto di parlare a nome del popolo palestinese. La leadership palestinese non permetterà a nessuno di interferire negli affari palestinesi o di decidere a loro nome riguardo i loro legittimi diritti nella loro patria".

Solo l'Organizzazione per la liberazione della Palestina rimarrà l'unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese, che è unito dietro la sua legittima leadership, guidata dal presidente Mahmoud Abbas di fronte a questa brutale dichiarazione tripartita.

Di fronte ai gravi sviluppi, la leadership ha chiesto un'immediata sessione di emergenza della Lega araba e dell'Organizzazione per la cooperazione islamica per respingere l'accordo.


Inoltre, la Wafa ha comunicato che ieri sera il presidente Mahmoud Abbas ha ricevuto una telefonata da Ismail Haniyeh, in cui il leader di Hamas ha dato il proprio sostegno alla posizione del presidente Abbas nel rifiutare l'accordo Emirati-Israele sponsorizzato dagli Stati Uniti. Haniyeh ha dichiarato che il suo movimento ha deciso di unirsi al presidente Abbas nella lotta per costruire uno stato palestinese sovrano con Gerusalemme come capitale, nonché nel rifiutare tutti gli accordi unilaterali che mirano a liquidare i diritti inalienabili del popolo palestinese, aggiungendo infine che il suo movimento è pronto per qualsiasi azione congiunta sotto l'egida del presidente palestinese.


E dopo i commenti negativi dei palestinesi sono arrivati i commenti negativi da parte israeliana.

All'interno del Governo israeliano non devono aver preso con molta soddisfazione un accordo di cui nessuno sapeva nulla! Né i ministri alleati, né le forze di maggioranza sono stati informati da Netanyahu che ha agito per proprio conto, tenendo tutti all'oscuro.

Ancor meno soddisfatti sono stati i coloni a cui un mese fa era stato promesso che i loro insediamenti sarebbero divenuti parte di Israele e che, da un momento all'altro, questo non potrà più accadere. Quale sarà l'impatto di questo accordo sul consenso per il Likud, il partito di Netanyahu? Di certo non positivo, ma il premier israeliano ha preso una decisione che in questo momento gli consentiva di mantenere il suo incarico... quella che per lui era il male minore.

Con questo accordo si aprono prospettive economiche per migliorare l'economia israeliana, si è aperta una breccia nel mondo arabo vicino ai sauditi, si è placata l'ira della comunità internazionale relativa al piano di annessione e per Netanyahu si allontana lo spettro di nuove elezioni.

La destra ultrà del mondo ebraico però mastica amaro e i partiti che la rappresentano guadagneranno consensi, ma Netanyahu spera che, se gli affari con gli EAU saranno proficui, i portafogli pieni degli israeliani lo premieranno anche alle prossime elezioni.


Questo accordo potrà, anche in futuro, accelerare il piano di pace tra israeliani e palestinesi? Questa è l'unica domanda a cui è possibile rispondere con sicurezza: NO. Anzi, questo accordo farà sì che tutto rimanga come adesso, senza nessuna prospettiva di soluzione per consentire, dopo tre quarti di secolo, che anche ai palestinesi sia garantita una terra dove poter vivere e decidere in piena autonomia.