Il 22 settembre, presso l’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione della Lettera Samaritanus bonus sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita, redatta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Alla conferenza sono intervenuti il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; Monsignor Giacomo Morandi, segretario della medesima Congregazione; la prof.ssa Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; il prof. Adriano Pessina, membro del Direttivo della Pontificia Accademia per la Vita.

Questi i principi e i temi elencati nel documento cui i fedeli dovrebbero attenersi:

  1. Il divieto di eutanasia e suicidio assistito
  2. L’obbligo morale di escludere l’accanimento terapeutico
  3. Le cure di base: il dovere di alimentazione e idratazione
  4. Le cure palliative
  5. Il ruolo della famiglia e gli hospice
  6. L’accompagnamento e la cura in età prenatale e pediatrica
  7. Terapie analgesiche e soppressione della coscienza
  8. Lo stato vegetativo e lo stato di minima coscienza
  9. L’obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari e delle istituzioni sanitarie cattoliche
  10. L’accompagnamento pastorale e il sostegno dei sacramenti
  11. Il discernimento pastorale verso chi chiede eutanasia o suicidio assistito
  12. La riforma del sistema educativo e della formazione degli operatori sanitari


Netta e definitiva la condanna per l'eutanasia: “L’eutanasia è un atto omicida che nessun fine può legittimare e che non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva. Coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno. Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli”

Non si usa il termine scomunica ma si legge: “L’eutanasia è un atto omicida che nessun fine può legittimare e che non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva. Coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno. Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli”.

Non meno diverso il punto di vista della Chiesa quando si parla di suicidio assistito:
“Aiutare il suicida è un’indebita collaborazione a un atto illecito, che contraddice il rapporto teologale con Dio e la relazione morale che unisce gli uomini affinché condividano il dono della vita e compartecipino al senso della propria esistenza”.
...
“Sono gravemente ingiuste, pertanto, le leggi che legalizzano l’eutanasia o quelle che giustificano il suicidio e l’aiuto allo stesso, per il falso diritto di scegliere una morte definita impropriamente degna soltanto perché scelta. Tali leggi colpiscono il fondamento dell’ordine giuridico: il diritto alla vita, che sostiene ogni altro diritto, compreso l’esercizio della libertà umana. L’esistenza di queste leggi ferisce profondamente i rapporti umani, la giustizia e minaccia la mutua fiducia tra gli uomini. Gli ordinamenti giuridici che hanno legittimato il suicidio assistito e l’eutanasia mostrano, inoltre, una evidente degenerazione di questo fenomeno sociale”.

Nel documento si ribadisce anche il no alla sospensione della  alimentazione e idratazione artificiali salvo quando “non risulta di alcun giovamento al paziente, perché il suo organismo non è più in grado di assorbirli o metabolizzarli”.
E per quanto riguarda l’accanimento terapeutico si precisa che “nell’imminenza di una morte inevitabile” ... “è lecito in scienza e coscienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in simili casi”. ...“Ciò significa che non è lecito sospendere le cure efficaci per sostenere le funzioni fisiologiche essenziali, finché l’organismo è in grado di beneficiarne (supporti all’idratazione, alla nutrizione, alla termoregolazione; ed altresì aiuti adeguati e proporzionati alla respirazione, e altri ancora, nella misura in cui siano richiesti per supportare l’omeostasi corporea e ridurre la sofferenza d’organo e sistemica)”. ...“La sospensione di ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione dei trattamenti non deve essere desistenza terapeutica. Tale precisazione – si legge nel documento - si rende oggi indispensabile alla luce dei numerosi casi giudiziari che negli ultimi anni hanno condotto alla desistenza curativa – e alla morte anticipata – di pazienti in condizioni critiche, ma non terminali, a cui si è deciso di sospendere le cure di sostegno vitale, non avendo ormai essi prospettive di miglioramento della qualità della vita”. ... “Nel caso specifico dell’accanimento terapeutico, va ribadito che la rinuncia a mezzi straordinari e/o sproporzionati «non equivale al suicidio o all’eutanasia; esprime piuttosto l’accettazione della condizione umana di fronte alla morte» o la scelta ponderata di evitare la messa in opera di un dispositivo medico sproporzionato ai risultati che si potrebbero sperare. La rinuncia a tali trattamenti, che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, può anche voler dire il rispetto della volontà del morente, espressa nelle cosiddette dichiarazioni anticipate di trattamento, escludendo però ogni atto di natura eutanasica o suicidaria”.

E nella Samaritanus bonus non ci si dimentica neppure dell'obiezione di coscienza perché “dinnanzi a leggi che legittimano – sotto qualsiasi forma di assistenza medica – l’eutanasia o il suicidio assistito, si deve sempre negare qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata”. ... “È necessario che gli Stati riconoscano l’obiezione di coscienza in campo medico e sanitario, nel rispetto dei principi della legge morale naturale, e specialmente laddove il servizio alla vita interpella quotidianamente la coscienza umana”. ...“Dove questa non fosse riconosciuta – si legge nel documento - si può arrivare alla situazione di dover disobbedire alla legge, per non aggiungere ingiustizia ad ingiustizia, condizionando la coscienza delle persone. Gli operatori sanitari non devono esitare a chiederla come diritto proprio e come contributo specifico al bene comune”.

Il tema dell’aborto viene indirettamente trattato nel momento in cui si parla dell’accompagnamento e la cura in età prenatale e pediatrica, sottolineando che “… l’uso a volte ossessivo della diagnosi prenatale e l’affermarsi di una cultura ostile alla disabilità inducono spesso alla scelta dell’aborto, giungendo a configurarlo come pratica di "prevenzione". Esso consiste nell’uccisione deliberata di una vita umana innocente e come tale non è mai lecito. L’utilizzo delle diagnosi prenatali per finalità selettive, pertanto, è contrario alla dignità della persona e gravemente illecito perché espressione di una mentalità eugenetica. In altri casi, dopo la nascita, la medesima cultura porta alla sospensione o al non inizio delle cure al bambino appena nato, per la presenza o addirittura solo per la possibilità che sviluppi nel futuro una disabilità. Anche questo approccio, di matrice utilitarista, non può essere approvato. Una simile procedura, oltre che disumana, è gravemente illecita dal punto di vista morale”.
 

Qui è possibile scaricare il testo completo della

Lettera SAMARITANUS BONUS
sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita