Autorevolezza,  forte crescita economica, blasone e prestigio. In due parole, un solo nome e cognome: Mario Draghi. L'attuale Premier italiano è riuscito, in condizioni che sembravano molto difficili per non dire impossibili, a far correre l'Italia in un momento storico contingente dominato da paure, incertezze, smarrimenti. Con una Pandemia in forte ripresa, che non lascia intravedere segnali di sconfitta alle porte.

E se la lungimiranza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha consentito di arrivare a questo risultato, la politica partitica sembra sempre più arroccata su se stessa, distante dalle istanze e dalle esigenze dei cittadini, con una traiettoria eufemisticamente asfittica e imbelle. Da tempo, ormai, sono iniziati i giochi di palazzo e le manovre per il prossimo Presidente della Repubblica, con i partiti alle prese con le solite nostrane bagarre e querelle.

Da una parte il centrosinistra cerca di continuare nel solco degli anni passati, provando a designare un candidato vicino alla linea dei partiti di coalizione.

Dall'altra parte, il centrodestra ha già individuato il proprio candidato nella persona di Silvio Berlusconi.

Il cavaliere sembra aver messo d'accordo tutti nella coalizione, con Salvini che punta ad un prossimo Capo dello Stato "che non abbia la tessera del Partito Democratico", Giorgia Meloni alla caccia "di un patriota" individuato proprio in Berlusconi e con Tajani alla ricerca di voti in Parlamento per il proprio leader.

D'altronde, anche il Movimento Cinque Stelle è alle prese con conflitti interni, defezioni e con l'immagine di un leader, Giuseppe Conte, che pare perdere appeal tra gli elettori. 

Rebus sic stantibus, con i partiti afflitti da leaderismo, correnti, movimenti di opinioni al proprio interno, con una politica senza anima, sezioni e radicamento sul territorio, sembra che nessuno tenga conto di quanto possano incidere in questo momento le decisioni del Presidente del Consiglio. Se Draghi dovesse optare per un allontanamento da Palazzo Chigi, a risentirne sarebbe soprattutto il Paese, che resterebbe in balia dei partiti ormai troppo distaccati dai veri problemi che attanagliano il Paese. 

L'auspicio, ovviamente, è che questo non accada e che Draghi resti al suo posto per cercare di gestire al meglio i fondi del PNRR e gli interessi nazionali, scevro da alchimie politicistiche e condizionamenti di bottega.