La cronaca più recente si sta occupando di questioni che riflettono un malessere relazionale nella società odierna.  Fatti che irrompono ormai nella nostra quotidianità, notizie di violenze, abusi che spesso sfociano in delitti gravi ed allarmanti.

Vittime donne, minori, persone fragili, protagonisti purtroppo di atti di violenza realizzati da soggetti non estranei, quale testimonianza della precarietà delle relazioni umane anche nell'ambito dei rapporti di convivenza o altro, prescindendo dalla qualificazione del rapporto in termini istituzionali o meno.

La gravità è più marcata se si pensa che gli autori di tali reati (con riferimento ai fenomeni di violenza domestica e di genere, rispetto ai quali il legislatore è dovuto intervenire con la riforma emanata con legge 69 del 2019, ovvero il c.d. "Codice Rosso") sono persone che conoscono la propria vittima, sulla quale hanno riversato comportamenti moralmente e giuridicamente riprovevoli.

Donne uccise da uomini, ovvero il femminicidio. Sulla base di un indagine statistica accreditata circa 150 casi all’anno in Italia (157 nel 2012, 179 nel 2013, 152 nel 2014, 141 nel 2015, 145 nel 2016), un totale di circa 600 omicidi negli ultimi quattro anni.
Di fronte ai soli dati sopra indicati non viene da chiedersi se la nostra società sia in crisi? Questa crisi è già da tempo in atto e colpisce l'identità dell'individuo in quanto tale per sconfinare in gesti eclatanti e colpire chi ci sta accanto. Il femminicidio rappresenta una parte preponderante degli omicidi di donne, che si consumano in ambito familiare o all'interno di relazioni sentimentali poco stabili.

Ovviamente l'opinione pubblica ne è turbata e ciò implica un allarme sociale da prevenire e reprimere perché non è solo l'interesse dei singoli (ovvero la tutela del bene della vita, della libertà personale e morale della persona) a rilevare ma la sicurezza ed una civile convivenza di tutta la collettività. Del resto chi delinque violando la vita di una persona vicina mostra una potenzialità anche nei confronti degli altri.

La cronaca attuale si caratterizza per fatti che tracciano i confini di una costante: i casi più frequenti sono legati alla sfera del rapporto sentimentale: gelosia, amore possessivo e morboso, intento di porre la compagna a sottomissione. Talvolta, alla base dei
dissidi ci sono motivi economici, anche per le conseguenze del mantenimento della relazione oppure perché vi è la scoperta di relazioni extra-coniugali.

Ed ecco che l'istanza sociale di una maggiore sicurezza si scontra con la ricerca di soluzioni ed interventi a partire dalla volontà politica sino all'azione del legislatore, al fine di inasprire le sanzioni previste dal vigente codice penale oppure normare modifiche e/o riforme della legislazione vigente.

Ma il punto è proprio questo, cioè di comprendere come un fenomeno grave come il femminicidio e gli abusi domestici siano divenuti più frequenti e segno tangibile dell'inciviltà non solo giuridica, ma sociale e morale.  Le conseguenze che ne derivano rappresentano una lettura della società che, nonostante l'apparenza del progresso in forte ascesa, mostra invece un deterioramento del valore della persona e delle relazioni umane.

La patologia sociale è evidente ed il singolo episodio, relativo al reato o al delitto che si apprende dai giornali, è destinato a cristallizzarsi in un quadro più ampio. Il dato oggettivo si scontra con la dimensione intima dei soggetti, ovvero l'incapacità di gestire gli affetti, i sentimenti, i legami, la paura della separazione e del cessare di una relazione.

Quindi prima che il legislatore si esprima, traducendo lo volontà popolare mediante i nostri rappresentanti in Parlamento, occorre analizzare e ripartire dalla realtà fenomenica e sociale, dall'instabilità delle persone e di una società che ci sta portando ad estremizzare libertà e bisogni innaturali.

L'esigenza di una prevenzione sociale rispetto ad episodi di violenza o abuso sono il presupposto legittimo di un intervento ricorrendo alle istituzioni; inasprire le misure sanzionatorie è coerente con una logica di politica criminale che lo Stato può e deve esercitare, tuttavia con uno sguardo rivolto al fatto già manifestatosi in un tutta la sua offensività (nel  caso delle sanzioni penali). Occorre qualcosa in più, in concreto.

La visione della società in crisi è questione che abbraccia il vivere di ciascuno di noi ed è necessario prevenire azioni  socialmente patologiche. La donna rappresenta il cuore della società, una ricchezza ontologica e non sono ammissibili forme di discriminazione, sottese a  violare il valore della persona umana, come fondamento del nostro vivere sociale. Le ripercussioni di un femminicidio si estendono, quindi, in tutta la collettività.

E' necessario "prevenire e reprimere" con strumenti efficaci, depurati da logiche burocratiche che spesso risultano ostativi alle reali esigenze delle vittime.

Sistemi di tutela sociale, sportelli dedicati ad informare, sensibilizzare e sostenere le persone coinvolte, in sinergia con le tutele giuridiche e processuali. Un mix di civiltà giuridica che sia capace di affrontare le esigenze concrete specie dei soggetti più fragili che sono al centro di dinamiche illecite senza sapere come reagire.

Ed infine una presa di coscienza, di tutti noi, senza abbassare lo sguardo o guardare oltre solo perché un fatto di cronaca domani non è più in prima pagina; non esaltare la violenza attraverso social ed una comunicazione adespota.

La normativa, dal canto suo, interviene principalmente in tre direzioni: introduce nuovi reati, inasprisce le sanzioni per quelli esistenti e disegna una procedura su misura per tutelare meglio e prima chi viva situazioni a rischio.  Ma ancora prima deve far fronte e considerare la realtà sociale ed i mutamenti che sopraggiungono, in una società fortemente caratterizzata dal digitale e l'apertura verso una proiezione dell'uomo senza limiti ed in modo artificiale, dove il proprio egoismo prevale secondo logiche irrazionali, dove si sottomette chi ci sta accanto senza riconoscere il valore della libertà personale.

Che la libertà è un diritto che non ammette alcuna forma di discriminazione per il sesso o altro, e che la violenza verso una donna è un insulto alla "pace" dei nostri giorni.